Il 2024 è agli sgoccioli e, come ogni fine anno, fioccano le classifiche…l’attore più bello, l’attrice più elegante, il film più visto, la canzone più scaricata… Tra tutti, ha colpito la mia attenzione la parola dell’anno: “Brain rot “ovvero marcescenza del cervello. L’analisi accurata proviene dal prestigioso Oxford Dictionary .
L’espressione “Brain rot” , pur se rappresentativa del 2024, arriva da lontano.
Il primo utilizzo risale al 1854, nel libro Waden di David Thoreau.
Nella parte finale dell’opera, l’autore critica la tendenza della società a svalutare le idee complesse, o quelle che possono essere interpretate in più modi, a favore di quelle semplici, segnalando così un declino generale dello sforzo mentale e intellettuale.
Il tema, dunque, assume una nuova importanza nell’era digitale.
Esso descrive il “presunto deterioramento dello stato mentale o intellettuale di una persona, visto soprattutto come risultato di un consumo eccessivo di materiale (in particolare di contenuti online) considerato banale o poco impegnativo”.
Il suo significato è un segnale preoccupante che arriva – neanche a dirlo – dai social, dove l’hashtag #brainrot è stato utilizzato milioni di volte su TikTok per etichettare video insensati e privi di contenuti.
“Brain rot” rappresenta, infatti uno dei maggiori pericoli percepiti della vita virtuale, un campanello d’allarme sull’impatto che i social media e i contenuti di bassa qualità possono avere sulla nostra salute mentale.
Lo scrolling digitale e la sovrastimolazione di tali contenuti influirebbe negativamente sulla decodifica e sulla conservazione delle informazione e intaccherebbe le capacità attentive.