La risposta del Giappone al Karoshi, ( termine che indica la morte per il troppo lavoro o per l’estrema rigidità ) sembrerebbe la riduzione della settimana lavorativa a 4 giorni. La proposta è rivoluzionaria, ma, sono anni che il Giappone registra un continuo calo delle nascite , e, nel 2024. è stato toccato un nuovo record negativo.
La situazione sarebbe ora emergenziale: già gravi le conseguenze sul piano economico con la riduzione della manodopera e la presenza del più alto tasso di anziani nel mondo. Tra le iniziative per contrastare questa tendenza, anche una app di incontri ufficiale pensata per facilitare la formazione di relazioni stabili. L’app richiede agli utenti di dichiarare l’intento di matrimonio, scoraggiando relazioni a breve termine.
Ora, con la settimana lavorativa ridotta, che entrerebbe in vigore a partire da aprile 2025, Tokyo spera di creare un ambiente più favorevole per le famiglie, nella speranza che il tempo libero extra possa contribuire ad invertire la rotta demografica: ovvero fare figli e poi avere tempo per seguirli. Ma, intorno ad essa, in Giappone c’è molto scetticismo. I più, infatti, ritengono che non è detto che funzioni, perché le variabili che influenzano la scelta di mettere al mondo più figli sono molteplici, e soprattutto, di natura culturale. Ci sarebbe, per esempio, «l’obbligo morale» di prendersi cura anche dei genitori del marito quando sono anziani. Molte ragazze giapponesi , perciò, preferiscono lavorare, viaggiare e spendere il proprio stipendio comprando prodotti di lusso invece di sposarsi, come segnala il basso tasso di matrimoni. L’ inverno demografico riguarda, come ben sappiamo, non solo il Sol Levante ma la maggior parte dei paesi industrializzati per cui la settimana corta è stata presa in considerazione anche altrove ed è stata anche oggetto di sperimentazioni.
Da esse, emergerebbe che con la settimana corta, la produttività aumenta, cresce l’attrattività dell’azienda e la pratica piace a più di 9 lavoratori su 10. La settimana corta permetterebbe ai lavoratori di migliorare la salute fisica e mentale e l’equilibrio tra lavoro e vita privata e di aumentare la soddisfazione generale della vita. Sembrerebbero diminuiti stress, burnout, affaticamento e conflitto lavoro-famiglia.
Ma siamo sicuri che è il lavoro sia la sola causa della bassa natalità? A mio parere ci sarebbero da aggiungere altri fattori: tra gli altri, la crescente infertilità sia maschile che femminile; i costi di una gravidanza, dell’allattamento delle cure e delle spese scolastiche e ricreative dei figli e non meno importante il desiderio ma anche le difficoltà relative alla realizzazione e all’ affermazione sul lavoro da parte di entrambi i sessi.
Quindi , per incentivare le nascite non bastano app di incontri e condizioni lavorative piu favorevoli ma un’attenzione globale alla coppia poi famiglia che va dall’aiuto economico per l’acquisto di una casa e quindi mutui facilitati ai bonus per spese mediche durante il periodo della gravidanza e dell’allattamento, alla flessibilità sul lavoro per entrambi i genitori .
Intanto, a proposito di nascite, considerando quella del Bambino Gesù , ne approfitto per augurare a tutti i lettori di agrotoday un sereno Natale!!!