La mostra si chiama Da Artemisia a Hackert. Storia di un antiquario collezionista alla Reggia, dal 18 settembre (inaugurazione il 16) e fino al 16 gennaio 2020 rappresenterà per la Reggia di Caserta un’occasione unica: poter vedere 112 opere che non si trovano in nessun museo pubblico e che appartengono alla collezione privata dell’antiquario Lampronti.
La novità, sfida dell’ex direttore Mauro Felicori e accolta dalla direttrice Tiziana Maffei, consiste proprio in questo: il museo, luogo d’arte ‘ufficiale’ per eccellenza, si apre al mondo dell’antiquariato e del collezionismo. Sotto-tema della mostra, come evidenzia lo stesso sottotitolo Storia di un antiquario collezionista alla Reggia. Propio Vittorio Sgarbi, che ha curato la mostra, a sua volta collezionista, ha sottolineato l’importanza di questa occasione per modificare il senso e la visione del collezionista. Secondo Sgarbi i vincoli in Italia hanno poco senso, perché tanto poco importa , dal momento che se un’opera è privata non è visitabile, se si trova in Italia o a Londra, ma comunque, racconta di essersi autovincolato 500 opere.
“Quello di Lampronti è un gesto nobile, generoso, buono”, afferma durante la presentazione perché ridare la possibilità a tutti di vedere capolavori in possesso di un privato e che hanno una loro coerenza è un dato unico. L’antiquario Cesare Lampronti, dal canto suo, è un uomo schivo. Passeggia senza boria tra le stanze del museo e tra le sue opere con soddisfazione. Un uomo di poche parole e brevi racconti che, alla domanda di quale sia l’opera da lui preferita indica velocemente un Van Wittel, una Veduta della Riviera di Chiaia, “per lo sforzo che ho fatto e che non avrei potuto fare”. Possedere un quadro, come un amore profondo. Il denaro per il bello e il bello che gratifica la vita. La battuta è breve, non sembra amare indugiare nei dettagli, ma prosegue senza indugi tra le stanze.
La mostra vive in opere che ruotano attorno a cinque aree tematiche differenti: pittura caravaggesca, pittura del ‘600, vedute, paesaggi e nature morte. Una sequenza di capolavori come Barnabea al bagno di Artemisia Gentileschi, opere di Stanzione, di Andrea Vaccaro, Cavallino, Fracanzano, Mattia Preti con un Ecce Homo a lui attribuito. Insomma tutti i più grandi e anche legati alla storia della famiglia Borbone che aveva fatto costruire il palazzo di Caserta come Van Wittel, padre di Vanvitelli architetto della Reggia, o come il porto di Salerno di Jacob Philippe Hackert che completa la serie dei Porti realizzati per Ferdinando IV già presenti nella Reggia.
Durante questa mostra saranno realizzate delle giornate di studio per approfondire temi come il mercato dell’arte, il collezionismo privato, la pittura del XVII e XVIII secolo.
La Reggia si arricchisce, dunque, di particolari. A memoria di questo percorso il catalogo della mostra delle opere portate da Lampronti che riporta interessanti dettagli delle varie opere presenti in foto. Un libro necessario per comprendere i passaggi dal mondo dell’antiquariato con le sue attribuzioni, alla fortunata occasione di fruizione data da questa mostra. Mentre accanto alle opere resta centrale la definizione, il cambio di ruolo dell’antiquario. Un passo deciso verso un cambio di prospettiva “L’antiquario non è solo la persona che riesce a selezionare il bello dal mediocre e cerca di riportarlo a uno stato originario e valorizzarlo. Vorrei che venisse considerato non un mercante semplice ma qualcuno che deve avere un ruolo importante nella cultura”. Con questa mostra il primo passo è fatto.