L’esame di terza media così come previsto dall’ordinanza del ministero dell’Istruzione “sembra aver perso ogni elemento caratterizzante l’esame di Stato e questo solleva diversi dubbi anche alla luce dell’art. 33 della Costituzione”. Lo rilevano i dirigenti scolastici aderenti alla Cisl Scuola. “L’esame proprio non c’è. Non c’è ammissione, non c’è commissione, non c’è alcuna prova e questo mal si accorda con le previsioni costituzionali”. La bozza di ordinanza ministeriale sugli esami di Stato al termine del primo ciclo di istruzione è quella che sta sollecitando il maggior numero di osservazioni, “alcune sono di natura sostanziale”, dicono i dirigenti scolastici della Cisl Scuola, guidati da Paola Serafin. Il Diploma, fanno notare i presidi, costituisce “pur sempre un titolo di studio avente valore legale ed appare difficile rintracciare nell’Ordinanza i tratti che potrebbero ricondurre la procedura prevista ad un esame, sia pure fortemente semplificato”. In particolare, riflettono i presidi della Cisl, la discussione dell’elaborato è collocata nell’ambito dell’attività didattica ordinaria, entro la fine delle lezioni. “I problemi che ne derivano sono molteplici, sia rispetto alla possibilità di organizzare in tempi tanto brevi tutti gli adempimenti, sia rispetto al fatto che non è chiaro se il consiglio di classe che deve ascoltare l’esposizione sia inteso come collegio perfetto, se possa/debba essere presente il dirigente scolastico (si parla di docenti del consiglio di classe) e come nel frattempo possa essere mantenuta l’attività didattica sincrona con tutti gli altri allievi. La presentazione dell’elaborato sembra essere una sorta di interrogazione rafforzata, che però si svolge durante l’ordinaria attività didattica e che in tal modo non può essere ricondotta neppure vagamente ad una sia pure semplificata prova di esame. A meno che non la si voglia ridurre alla sola presentazione dell’elaborato prodotto a casa dall’alunno. In realtà l’esame proprio non c’è. Non c’è ammissione, non c’è commissione, non c’è alcuna prova e questo mal si accorda con le previsioni costituzionali”. Per Serafin “sarebbe quanto mai opportuno collocare dopo il termine delle lezioni il momento di ascolto dell’alunno, anche per la necessaria coerenza con quanto previsto per i privatisti”.
Sindacati sul piede di guerra – “Il 13 maggio faremo una prima mobilitazione nella scuola ma non escludiamo nulla: serve una determinazione da parte del governo che ancora non vediamo”. Così il segretario generale della Flc Cgil, Francesco Sinopoli, in una diretta Fb con Landini. “Siamo impegnati in un confronto con il ministero dell’Istruzione per definire un protocollo nazionale per la scuola in tempi brevi. Siamo molto preoccupati, se crediamo che si possa iniziare la scuola a settembre, metà in presenza metà a distanza, senza grandi investimenti, che ora non vediamo, ci saranno grandi difficoltà a riprendere la scuola a settembre. Anche l’autonomia universitaria ha fallito. I protocolli per la ripartenza sono tutti diversi uno dall’altro. Non c’è un sistema universitario nazionale, che manca”.
“E’ il momento di avviare un piano pluriennale di investimenti per la scuola in cui il diritto alla formazione e alla conoscenza sia centrale”. Lo ha detto il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, in diretta su Facebook. “La malattia del precariato riguarda tutto il Paese, ha il livello di precarietà più alto in tutti i settori, vanno cambiate le leggi sbagliate. C’è bisogno di cambiarle e assumere una direzione precisa. Quando parliamo di scuola, il tema non riguarda solo il governo, vanno coinvolte le Regioni e i Comuni perché una scuola di qualità significa superare la precarietà ma c’è anche un problema di qualificazione, di formazione del personale e di adeguamento dei luoghi fisici”. E ha proseguito: “Oggi è il momento di investire sullo stato sociale, questo vale per la scuola, la sanità, i servizi. Maggio è il mese decisivo: a scuola è il momento per fare il protocollo per la sicurezza e per fare partire i lavori. Serve poi una piattaforma protetta per la didattica a distanza che impedisca l’utilizzo dei dati che si sta facendo senza alcun controllo. Anche questo significa fare investimenti”.
“Serve un protocollo di sicurezza specifico per la scuola, ma bisogna anche affrontare i limiti e i ritardi che la scuola ha. E’ necessario un piano di investimenti sul piano edilizio – ha aggiunto Landini – c’è un tema di come si costruiscono le classi in sicurezza e c’è un problema di organici. Per molti anni c’è stato un forte disinvestimento, è il momento di produrre un elemento di cambiamento. Bisogna prevedere inoltre borse di studio a tutti i cittadini visto l’abbandono scolastico forte. Ci sono forti ritardi da colmare”.
“Dalla grave emergenza sanitaria e sociale il Paese deve cercare di uscire non tornando a essere come prima, ma cambiando profondamente nella scelta delle priorità. Il modo in cui si affronterà l’emergenza nella scuola sarà in questo senso un primo banco di prova”. Lo ha detto la segretaria generale della CISL Annamaria Furlan intervenendo oggi ai lavori del Consiglio Generale CISL Scuola, riunito in modalità telematica per un confronto sulla situazione politico sindacale e in particolare sulle modalità con cui ci si accinge ad affrontare le delicatissima fase di ripresa delle attività in presenza, a partire dallo svolgimento degli esami di Stato. Non sono mancati, sia nella relazione introduttiva della Segreteria Generale della Cisl Scuola di Maddalena Gissi, sia in quello di Annamaria Furlan i riferimenti alle questioni che più in generale caratterizzano una fase di emergenza la cui drammaticità è rilevante sia sotto il profilo sanitario che su quello delle pesanti ricadute di natura economica e sociale.
Maturità, da remoto se non c’è sicurezza – Non si può prevedere che i presidi siano equiparati ad autorità sanitarie nel corso dello svolgimento degli esami di maturità. Lo sottolineano i dirigenti scolastici della Cisl scuola. “Nell’ordinanza ministeriale sugli esami di Stato – scrivono – deve essere inserita la previsione che gli esami si svolgano in remoto qualora non sia possibile, per situazioni contingenti, garantire l’applicazione delle misure che saranno indicate con le annunciate disposizioni tecniche. Comunque, l’applicazione di queste misure indicate a livello nazionale deve escludere ogni altra responsabilità in relazione all’eventualità di situazioni di contagio. In questo caso non può essere richiamata né l’autonomia scolastica, né la discrezionalità del dirigente per supposte integrazioni delle misure che sono relative ad una situazione del tutto eccezionale e che devono per questo essere definite in modo chiaro ed incontrovertibile, rendendone possibile l’applicazione in termini di spazi, personale e risorse. Altrettanto va detto per la responsabilità sulle strutture e gli impianti, che deve essere ricondotta agli enti proprietari, tanto più nelle attuali ipotesi di ristrutturazione degli ambienti e nell’uso a fini scolastici di spazi a ciò non abitualmente deputati, per garantire il necessario distanziamento sociale”.