Si sono tutti dimenticati di me. Tutti. Anche quelli che credevo amici.
Anzi, soprattutto quelli che credevo amici. Adesso sono qua, solo. A contemplare un futuro dove il calcio, quel calcio a cui ho dato tutto me stesso per più di vent’anni, non vuole proprio saperne di “tenermi dentro”, di darmi la possibilità di insegnare e di condividere quello che ho imparato in tutti questi anni.
Io che ci mettevo l’anima in ogni partita e in ogni allenamento, che ascoltavo ogni singola parola dei miei allenatori e che cercavo di applicare poi in campo, provando e riprovando fino a quando quelle cose non mi riuscivano alla perfezione.
Conoscevo i miei limiti, li ho sempre conosciuti.
Non ero esattamente un fulmine di guerra ma sapevo che con l’applicazione, con la concentrazione e con la dedizione potevo compensare questo mio difetto.
Posso dire di avercela fatta e non solo per quell’indimenticabile giorno di maggio al Marassi di Genoa quando riportammo lo scudetto a Roma.
Ho una famiglia meravigliosa.
Per amore loro e della mia splendida Marisa siamo venuti tutti qui, a Castellabate a vivere nella nostra bella casa dove ci ho messo tanti dei risparmi di 18 anni da professionista nel calcio.
Ma, come si dice, “lontano dagli occhi lontano dal cuore”.
Forse qualcuno lo ha interpretato come il mio ritiro dorato, quello dove veder crescere i miei figli e invecchiare, aspettando magari dei nipoti.
Ma non è affatto questa la mia intenzione.
Amo il calcio e il calcio è l’unica cosa che conosco.
Il mio amico Bruno (lui si che c’è sempre) me lo ripete spesso.
“Ago, tu sei troppo buono ed educato. Quelli in giacca e cravatta del mondo del calcio quando non gli servi più ti mettono da parte come un paio di scarpe vecchie. E se non gli rompi i coglioni un giorno si e l’altro pure quelli si dimenticano presto di te !”.
Io lo so che Bruno, il mio amico Bruno, ha perfettamente ragione.
Solo che io non ne sono capace. Non sono mai stato bravo con le parole e non sono mai stato capace di “lisciare” presidenti, dirigenti, procuratori e quella pletora di faccendieri che sono sbucati come funghi negli ultimi anni in cui ho giocato a calcio.
Io ho sempre fatto “parlare” le mie gambe e la mia testa.
Per me ha sempre “parlato” il mio comportamento, la mia serietà professionale, la mia onestà … Non ce la faccio proprio ad elemosinare un posto nei quadri dirigenziali o nel settore giovanile di un Club. Tutti sanno chi sono.
Io, Agostino Di Bartolomei, se prendo un impegno vado anche nel fuoco per mantenerlo.
Forse si tratta solo di avere pazienza come mi ripete Bruno continuamente.
Ma il tempo passa e i tutti i miei progetti si stanno sgretolando come castelli di sabbia davanti ai miei occhi.
Mi sento chiuso in un buco.
E il pallone, il mio adorato pallone, è sempre più lontano …
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