
Le picconate di Giletti minacciano di allargare le crepe nel muro delle Istituzioni. La ‘terza camera’ trasloca dalle pareti ovattate della Rai (Porta a Porta) a quelle fredde, metalliche, da sala operatoria de la 7 (Non è l’Arena). Stesi su quel tavolo, sotto la luce da interrogatorio e l’affilato bisturi, ci finiscono tutti i protagonisti della storia politico-giudiziaria-imprenditoriale italiana. L’impressione è che – come già successe per Mani Pulite – taluni addirittura si propongano, barattando il protagonismo mediatico (assicurato) con l’alta percentuale di rischio (tafazziano). Ma il bisturi fa il suo lavoro: taglia e affonda senza fare differenze tra le preziose carni di ex DJ, quelle pregiate dei tonni, quelle oscure di lobbisti o di ex caduti in disgrazia. Le inchieste giornalistiche scoperchiano e in più calderoni, spesso, riecheggia la parola-Salerno. De Magistris parla del “pool di giudici salernitani coraggiosi poi smantellato” spiattellando accuse in faccia a Palamara, tirando in ballo il CSM e, implicitamente, il suo (ex) capo.