L’emergenza dettata dal virus non è solo un problema sanitario ma una questione sociale e politica.
Ancora una volta a rimetterci sono le persone comuni, chi vive del proprio lavoro (per chi ce l’ha) e ancora peggio per chi l’ha perso o difficilmente troverà occupazione in questo particolare momento. A farne le spese è anche chi mette al servizio degli altr* una parte del proprio tempo, in varie forme e modi, senza chiedere niente.
Differentemente da Confindustria e destre varie siamo persone responsabili ma soprattutto abbiamo veramente a cuore la nostra e l’altrui salute, al di sopra di ogni profitto; per questo riteniamo inaccettabile l’attuale situazione. Inoltre, per il bene collettivo, per le libertà collettive più volte abbiamo pagato con limitazioni alle nostre libertà individuali, per questo abbiamo provato immensa rabbia nel vedere quel carosello di bare nella bergamasca senza chiedersi il perché, al posto di puntare il dito sul runner o chi passeggiava bisognava porsi questa domanda e si sarebbe scoperto che lì, dove c’è stata quella enorme concentrazione di morti, la Confidustria ha fatto in modo che non si chiudesse nulla, perché per la produzione che tu ti ammali non conta nulla. Si parla tanto di sicurezza per il Covid, dimenticandosi che la sicurezza i padroni sul posto di lavoro non l’hanno mai rispettata: i morti sul lavoro nei primi giorni di riapertura parlano da soli.
Siamo fermamente persuasi che è dovere etico di ognuno operare comportamenti tesi a preservare la salute di tutti ma siamo altrettanto convinti che la necessaria precauzione sanitaria non deve essere strumentalizzata e tradotta in repressione.
Proprio a proposito di repressione sono emblematici i fatti che stanno avvenendo su tutto il territorio nazionale, a partire dall’arresto delle compagne e dei compagni di Bologna, arrestatx grazie a un teorema giudiziario ispirato dal famigerato art.270 bis di kossighiana memoria, con accuse fantomatiche che riguardano eventuali psicoreati da commettere un giorno contro lo Stato e quindi repressi preventivamente. E anche a Salerno abbiamo assaggiato l’abuso e l’arbitrarietà. Infatti il 25 Aprile tre compagni del CSA Jan Assen sono stati multati mentre si trovavano nel centro sociale per eseguire alcuni lavori di manutenzione urgente -già a lungo rimandati a causa della serrata- ed esponevano uno striscione per il 25 Aprile.
Riteniamo sia giunto il momento di lanciare noi la nostra Fase 2, la Fase della lotta.
Non possiamo limitarci a fare semplice assistenza, il nostro ruolo non può essere quello di coprire le mancanze del pubblico come invocava la ministra Lamorgese facendo appello al terzo settore per evitare tensioni sociali. Noi pretendiamo dal pubblico quello che ci spetta, un piatto di lenticchie non dà dignità alle persone, ma ne amplifica ancora di più la dipendenza dalle clientele che governano questa città.
Riprenderci la nostra dignità, rimettendo al centro la comunità, le nostre vite e i nostri bisogni. Inserirsi nelle contraddizioni per ampliarle e ribaltarle, partendo da alcuni semplici punti: Lavoro/reddito, sanità/ambiente, carcere/repressione. Punti da tradurre in altrettanti momenti di mobilitazione.
Ancora una volta a rimetterci sono le persone comuni, chi vive del proprio lavoro (per chi ce l’ha) e ancora peggio per chi l’ha perso o difficilmente troverà occupazione in questo particolare momento. A farne le spese è anche chi mette al servizio degli altr* una parte del proprio tempo, in varie forme e modi, senza chiedere niente.
Differentemente da Confindustria e destre varie siamo persone responsabili ma soprattutto abbiamo veramente a cuore la nostra e l’altrui salute, al di sopra di ogni profitto; per questo riteniamo inaccettabile l’attuale situazione. Inoltre, per il bene collettivo, per le libertà collettive più volte abbiamo pagato con limitazioni alle nostre libertà individuali, per questo abbiamo provato immensa rabbia nel vedere quel carosello di bare nella bergamasca senza chiedersi il perché, al posto di puntare il dito sul runner o chi passeggiava bisognava porsi questa domanda e si sarebbe scoperto che lì, dove c’è stata quella enorme concentrazione di morti, la Confidustria ha fatto in modo che non si chiudesse nulla, perché per la produzione che tu ti ammali non conta nulla. Si parla tanto di sicurezza per il Covid, dimenticandosi che la sicurezza i padroni sul posto di lavoro non l’hanno mai rispettata: i morti sul lavoro nei primi giorni di riapertura parlano da soli.
Siamo fermamente persuasi che è dovere etico di ognuno operare comportamenti tesi a preservare la salute di tutti ma siamo altrettanto convinti che la necessaria precauzione sanitaria non deve essere strumentalizzata e tradotta in repressione.
Proprio a proposito di repressione sono emblematici i fatti che stanno avvenendo su tutto il territorio nazionale, a partire dall’arresto delle compagne e dei compagni di Bologna, arrestatx grazie a un teorema giudiziario ispirato dal famigerato art.270 bis di kossighiana memoria, con accuse fantomatiche che riguardano eventuali psicoreati da commettere un giorno contro lo Stato e quindi repressi preventivamente. E anche a Salerno abbiamo assaggiato l’abuso e l’arbitrarietà. Infatti il 25 Aprile tre compagni del CSA Jan Assen sono stati multati mentre si trovavano nel centro sociale per eseguire alcuni lavori di manutenzione urgente -già a lungo rimandati a causa della serrata- ed esponevano uno striscione per il 25 Aprile.
Riteniamo sia giunto il momento di lanciare noi la nostra Fase 2, la Fase della lotta.
Non possiamo limitarci a fare semplice assistenza, il nostro ruolo non può essere quello di coprire le mancanze del pubblico come invocava la ministra Lamorgese facendo appello al terzo settore per evitare tensioni sociali. Noi pretendiamo dal pubblico quello che ci spetta, un piatto di lenticchie non dà dignità alle persone, ma ne amplifica ancora di più la dipendenza dalle clientele che governano questa città.
Riprenderci la nostra dignità, rimettendo al centro la comunità, le nostre vite e i nostri bisogni. Inserirsi nelle contraddizioni per ampliarle e ribaltarle, partendo da alcuni semplici punti: Lavoro/reddito, sanità/ambiente, carcere/repressione. Punti da tradurre in altrettanti momenti di mobilitazione.