A fine gennaio, Vincenzo De Luca era un uomo politico finito. Scaricato dal Pd che si accingeva ad annunciare l’appoggio a un candidato dei Cinquestelle alla presidenza della Campania, non gli rimanevano che due scelte: presentarsi comunque alle elezioni in rottura con il Pd (e finire amaramente la sua lunga carriera) o accontentarsi di qualche nomina in un ente pubblico.
Gli si attribuiva, nei vari sondaggi, solo il 32% di consensi, con 10 punti di distacco da qualsiasi candidato del centrodestra. De Luca sembrava rappresentare in quel momento tutto ciò che il Pd di Zingaretti non voleva più essere al Sud: un partito del notabilato, alleato con altri notabili, con strategie che si confondevano con quelle della destra sulla sicurezza e sull’immigrazione, senza un’idea decente dello sviluppo della Campania e dell’intero Mezzogiorno. I suoi quattro anni e mezzo di governo erano stati mediocri. E aveva deluso proprio nei settori laddove da oppositore di Bassolino e Caldoro più aveva maramaldeggiato: sui rifiuti, sui trasporti, sulla sanità, sull’uso dei fondi comunitari, sulla velocizzazione della macchina amministrativa. Aveva poi riempito gli enti regionali di fedelissimi salernitani, con un controllo militare su di essi. Unico campo dove stava per mietere un successo era nell’assunzione di 2.175 giovani (ma nei monologhi erano diventati ben 10.000!) un concorsone in cui regalava la formazione professionale a persone che già i Comuni dovevano assumere attribuendosene i meriti, in assoluta continuità con l’idea dell’impiego pubblico come unica “vera fabbrica” del Sud. Da presidente aveva mostrato tutti i limiti che da sindaco di una media città era riuscito a nascondere.
Ma a inizio marzo tutto cambia. De Luca in poco tempo diventa il politico che più beneficia della pandemia. Dalla polvere agli altari. I difetti diventano virtù. Per il Pd l’asse della strategia precedente (il rapporto con i Cinquestelle in Campania) viene sacrificato per osannare colui che è il principale avversario di quell’alleanza. Cosa è successo in questo brevissimo tempo per cambiare il giudizio negativo sulla gestione dei 4 anni e mezzo precedenti? È un caso quello di De Luca da studiare, non solo in politica, ma anche in antropologia, psicanalisi e massmediologia, perché si tratta di una vera e propria bolla mediatica, costruita su di una presunzione di efficienza mai dimostrata. E che però ha funzionato. In Campania, più che altrove, si possono studiare gli effetti che una pandemia può provocare nella formazione del consenso se c’è un cinico investimento sui lati oscuri dell’animo umano e una capacità teatrale di aizzarli e governarli. De Luca si è dimostrato un efficacissimo manager delle paure.
Certo, un evento imprevisto, sconvolgente, può consentire a un amministratore di dimostrare qualità prima appannate. Nel caso di De Luca, il suo è stato un impegno quasi esclusivamente verbale, fatto di dichiarazioni, di prediche televisive, di sfottó agli avversari e di un repertorio di irridente esecrazione per avversari della sua idea di sicurezza collettiva. In genere sono gli uomini del centrodestra i politici della paura e quelli del centrosinistra a investire sulla speranza. De Luca è il primo leader di centrosinistra a contendere con successo l’investimento di Salvini sulla paura. Ciò ha comportato una produzione di norme in Campania impressionante, per differenziarsi a tutti i costi, smarcandosi ogniqualvolta ciò gli dava visibilità. Alla fine, De Luca si è vantato di aver impedito una carneficina con le sue decisioni. Non è un vanto da poco attribuirsi atti eroici in guerra. Si è vantato poi di aver creato una delle sanità più efficienti in Italia, in appena tre mesi! E in terzo luogo di aver predisposto un pacchetto di aiuti economici ai singoli e alle imprese più cospicuo rispetto a qualsiasi altra regione. Ma fu vera gloria? Agli atti non risulta assolutamente che con le sue decisioni De Luca abbia impedito un allargamento del contagio. I poco meno dei 5000 casi registratisi di coronavirus a oggi sono stati dovuti in gran parte alla cattiva gestione di diversi reparti ospedalieri, di case di riposo, a contagi sui luoghi di lavoro e in casa, ma non risulta nessun particolare contagio in feste di laurea, né tra persone che facevano una passeggiata sotto casa o una corsa, e neanche tra i ragazzi tornati dal Nord. E l’andamento dell’infezione nelle altre regioni meridionali ha seguito un percorso similare, ottenendo lì dei risultati addirittura migliori. De Luca è diventato famoso non per quello che ha impedito, ma per quello che ha commentato e per come lo ha commentato. Senza di lui la Campania avrebbe avuto gli stessi risultati. Ha funzionato, in realtà, la distanza geografica dai centri del contagio e soprattutto la decisione di chiudere a casa tutta la popolazione, compresa quella meridionale meno colpita. E c’è stata una dimostrazione straordinaria di civismo dei meridionali. Per quanto riguarda il vantarsi dei tre ospedali prefabbricati anti-covid, nessuno di essi ha avuto finora una qualche funzione nelle cure; la potranno assumere in futuro, ma per ora si deve registrare lo stesso impatto di quello costruito in Fiera a Milano.
Tra gli ex comunisti in questa fase c’è grande consenso nei confronti di De Luca. Sarà il fine che giustifica i mezzi? Resistere all’espansione leghista nel Sud e farla finita con gli odiati De Magistris e Cinquestelle, come molti di loro argomentano? Dal comunismo al familismo, purché vinca “uno di noi”? È proprio questa vicenda a dimostrare che quando il fine viene sacrificato ai mezzi si può arrivare a esiti paradossali: sostenere quello che è più vicino al modello che vuoi combattere. Cioè, per contrastare i leghisti, si sostiene il più leghista degli uomini di governo meridionale.
Ci attendono anni difficili. Avremo drammatici problemi di tenuta economica, e ritorneranno emergenze nel campo dei rifiuti e della sanità, appena la bolla mediatica sarà svanita. La Campania è la terzultima regione per livelli essenziali di assistenza sanitaria, non la prima come De Luca sostiene. Al Nord e in Italia ci lasceranno trastullare con questi record inventati, sicuri che quando si parlerà di cose serie il Sud continuerà a piangere pensando invece di far divertire. Sono compatibili le strategie di alleanze di Zingaretti e il meridionalismo di Provenzano con De Luca alleato di De Mita, Pomicino, Mastella, ex Cosentiniani e varie liste sudiste e di ex fascisti? Questo non è il centrosinistra allargato, ma un trasformismo allungato. È evidente che se rivince De Luca perde il nuovo Pd.