Sono passati 40 anni da quella mattina del 23 giugno 1980 in cui il giudice Mario Amato venne ammazzato.
In quel periodo, alla fine degli anni ’70, il giudice era impegnato in indagini che riguardavano diversi casi connessi al terrorismo nero, legati quindi a gruppi neofascisti romani.
Aveva 45 anni quando fu ammazzato con una calibro 38, la stessa arma con cui probabilmente fu ucciso Piersanti Mattarella. A premere il grilletto fu Gilberto Cavallini con la complicità dell’allora diciassettenne Luigi Ciavardini che guidava la moto.
La sua colpa, secondo i NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari di ispirazione neofascista), fu quella di indirizzare il suo lavoro investigativo seguendo l’esempio del suo predecessore Vittorio Occorsio: ucciso anch’egli dal terrorismo nero la mattina del 10 luglio 1976 per mano di Pierluigi Concutelli.
Al CSM, solo dieci giorni prima, dichiarò: “Ritengo di dover tutelare non solo la mia dignità, ma anche quella della funzione che esercito”. Ma fu tradito, ostacolato, lasciato solo, minacciato e perfino insultato da un collega quando per esempio le sue indagini ricaddero sul figlio del giudice Alibrandi, perfettamente consapevole di quanto fosse potente e vendicativa la piovra che condizionava il potere nella Capitale e in tutto lo Stivale.
Amato pagò con la vita l’aver intuito troppo e anzi, di avere compreso prima e meglio degli altri quanto fossero correlati i vari ‘misteri’ che aleggiavano nei cieli italiani. Pagò a caro prezzo la proposta avanzata di incrociare i dati relativi al rapporto tra terrorismo nero e P2 in quanto, secondo il giudice Amato, nulla poteva avvenire per caso.
In sintesi Amato aveva compreso quale fosse la regia occulta dietro una serie di delitti che non potevano essere unicamente opera di qualche mente deviata o di qualche criminale di piccolo o medio profilo.
Dopo Minervini, il giudice Guido Galli, Walter Tobagi, Mario Amato è stato l’ennesima vittima dell’intreccio tra potere e malaffare, logge massoniche ed eversione, il cui obiettivo era sovvertire la democrazia e calpestare la Costituzione per eliminare una componente fondamentale e essenziale, l’antifascismo.
Il giudice Mario Amato è stato colpito a morte mentre si recava alla fermata dell’autobus per raggiungere il suo ufficio in piazzale Clodio. Avvicinato dal suo assassino, proprio alla fermata, fu colpito alla testa.
Poco dopo la rivendicazione con una telefonata: “Siamo i NAR, abbiamo ucciso noi il giudice Amato. Troverete un volantino nella cabina telefonica di via Carlo Felice”.
Nel documento intitolato “Chiarimenti”, si leggeva: “Abbiamo eseguito la sentenza di morte emanata contro il sostituto procuratore dottor Amato, per la cui mano passavano tutti i processi a carico dei camerati. Oggi egli ha chiuso la sua squallida esistenza imbottito di piombo. Altri la pagheranno”.
Condannati all’ergastolo i fascisti Gilberto Cavallini, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro.
ROSSANA RAVERA