Centocinquantotto omicidi in famiglia, uno ogni 55 ore: e in 19 casi le vittime sono state i figli. Gli ultimi dati anticipati dall’Eures e aggiornati al 2019 confermano come – in costante calo gli omicidi legati alla criminalità organizzata – family e intimate homicide nel nostro Paese rappresentino ormai tendenzialmente poco meno della metà di quelli totali.
L’anno scorso, gli omicidi in famiglia sono stati 75 al nord, 30 al centro e 54 al sud, complessivamente il 10,2% in meno rispetto ai 176 dell’anno precedente: ma le vittime degli ultimi quattro anni sono complessivamente 682. In due casi su 3, le vittime sono donne (la percentuale media degli ultimi quattro anni è pari al 66%) anche perché nel 48,5% dei casi la relazione vittima-autore va ricercata nell’ambito del rapporto di coppia: delle 158 vittime dell’anno passato, 48 erano coniugi o conviventi, 16 partner o amanti, 14 ex coniugi o ex partner.
I figlicidi, dopo aver registrato una inquietante recrudescenza nel 2018 (da 20 a 33), sono scesi, come detto, a 19 nel 2019, con una incidenza del 12,1% sul totale. Sempre nell’ambito degli omicidi in famiglia, tra il 2016 e il 2019 quelli con due vittime sono stati 82 (7 nell’ultimo anno), quelli con tre o piu’ vittime 30. L’arma più usata si conferma l’arma da taglio (31,7%), seguita da quella da fuoco (27%) e dal soffocamento/strangolamento (15%) mentre la divisione in base alla fascia d’età rileva che ben 67 delle 682 vittime degli ultimi quattro anni – una su 10 – erano minorenni, e di questi 42 (il 6,2%) aveva meno di 5 anni.
Tanti drammi balzano all’occhio, anche nella stretta attualità, ad esempio la tragedia dalle parti di Varese di due giorni fa. E’ vero che, da tempo, la famiglia tradizionale, con drammi magari silenziati, non esiste più così come la famiglia del Mulino bianco non esiste più, ma è anche doveroso porre all’attenzione generale una scia di sangue che deve far riflettere fino a giungere a idee serie per evitarle, agendo sulle persone e sul nucleo prima che sia troppo tardi.