Difficilmente l’avvocato napoletano poteva immaginare in quel momento che poco più di vent’anni dopo proprio lui, di sicura fede monarchica, sarebbe diventato il primo Presidente della Repubblica italiana sia pur provvisorio
Deputato del Regno dal 1919 al 1924 quando, pur rieletto nel listone fascista, si rifiutò di prestare giuramento e la sua elezione venne dichiarata nulla. Da quel momento si dedicò esclusivamente all’attività forense, nonostante nel 1929 fosse nominato Senatore.
Per tutti questi motivi De Nicola apparve ai Costituenti la figura più idonea per gestire il delicato periodo di transizione che si era aperto dopo il referendum istituzionale del 2 giugno 1946.
Accettando l’incarico pronunciò, tra le altre, queste parole: “La Costituzione della Repubblica italiana – che mi auguro sia approvata dall’Assemblea, col più largo suffragio, entro il termine ordinario preveduto dalla legge – sarà certamente degna delle nostre gloriose tradizioni giuridiche, assicurerà alle generazioni future un regime di sana e forte democrazia, nel quale i diritti dei cittadini e i poteri dello Stato siano egualmente garantiti, trarrà dal passato salutari insegnamenti, consacrerà per i rapporti economico-sociali i principi fondamentali, che la legislazione ordinaria – attribuendo al lavoro il posto che gli spetta nella produzione e nella distribuzione della ricchezza nazionale – dovrà in seguito svolgere e disciplinare” … “Dobbiamo avere la coscienza dell’unica forza di cui disponiamo: della nostra infrangibile unione. Con essa potremo superare le gigantesche difficoltà che s’ergono dinnanzi a noi; senza di essa precipiteremo nell’abisso per non risollevarci mai più“.