RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Canale Bottaro, fiume Sarno, Tari, farmacie comunali: il Sindaco, come un novello Don Abbondio, dinanzi ai problemi non vede, non sente, non parla. Ieri nuovo Consiglio comunale, ma copione già visto. L’Amministrazione rincorre le scadenze e nel frattempo dimentica i problemi della città. per poi occuparsene in ritardo e male.
La discussione si apre con due nostre interrogazioni consiliari. La prima era inerente al Canale Bottaro, ai lavori di dragaggio che lo hanno interessato, e al fatto che oramai sia divenuto una fogna a cielo aperto, con odori insopportabili per gli abitanti. L’interrogazione l’avevamo protocollata nel mese di febbraio, a riprova che quello che è accaduto oggi poteva essere evitato, con una giusta e doverosa attenzione e programmazione.
La buona notizia è che dal 1°agosto dovrebbero partire i lavori per collegare lo scarico di via Montegrappa con la rete fognaria di Corso Nazionale.
La pessima notizia, le pessime notizie, sono che probabilmente quello scarico non è l’unico a sversare acque nere direttamente nel canale, che continua a non essere predisposto il censimento cittadino degli scarichi, e che l’Amministrazione pare non avere assolutamente idea sia del progetto sia delle modalità di attuazione del sistema della rete fognaria.
Nel frattempo stanotte l’aria in tutta la città si è fatta irrespirabile, con le esalazioni nauseabonde provenienti dal fiume Sarno a costringere i cittadini a rimanere chiusi in casa, con le finestre ben chiuse.
Il Sindaco sarebbe chiamato a chiedere con celerità e determinazione l’intervento delle Forze dell’ordine e della Magistratura: non è tollerabile che ad ogni estate la ripartenza di talune attività produttive coincida con questo scempio che la città è costretta a subire.
La seconda interrogazione, invece, riguardava la possibilità per gli Enti, introdotta da una recente sentenza della Suprema corte di Cassazione, di richiedere la nullità di quei contratti derivati ritenuti illegittimi in base alle nuove norme di legge (il Comune di Scafati negli anni passati ne ha sottoscritti due, entrambi molto penalizzanti per l’Ente).
Incredibilmente il Sindaco e la sua maggioranza si sono detti contrari a verificare la possibilità di proseguire lungo questa strada, non si capisce davvero perché, viste le difficoltà economiche che il nostro Ente sta attraversando.
Noi siamo contro la finanziarizzazione dell’economia, e per destinare le risorse pubbliche non alle scommesse dei mercati ma ai servizi per i cittadini: ci dispiace constatare che per Salvati non sia così.
Si è poi passati al regolamento sulla TARI, il tributo sulla raccolta dei rifiuti.
Su questo come opposizioni avevamo fatto quattro proposte:
1) ferma restando la necessità imposta dalla legge di coprire per intero il costo del servizio tramite i tributi, avevamo chiesto che la parte variabile della tassa fosse calcolata non solo tenendo conto – come oggi – della superficie dell’immobile e della consistenza del nucleo familiare, ma anche di altri due fattori, quali il reddito familiare e il valore dell’immobile.
Chiedevamo cioè fosse applicato quel criterio di giustizia fiscale che la nostra Costituzione impone: fare pagare di più chi ha di più, far pagare di meno chi ha di meno. Il Sindaco ha definito la nostra una proposta di sinistra, e in effetti lo è. Ma è anche una proposta di buonsenso: oggi un nucleo familiare di due persone e ad alto reddito, che magari abita in un appartamento dall’alto valore immobiliare, potrebbe pagare la TARI meno di una famiglia monoreddito, ma composta da cinque persone e residente in una zona periferica della città. Ci pareva un’ingiustizia, e abbiamo provato a correggerla.
2) ridurre del 15% l’imposta TARI per tutte quelle attività commerciali che disinstallano o – pur avendone facoltà per legge – non installano slot machine o altri strumenti informatici legati al gioco d’azzardo. Un incentivo, insomma, a chi sceglie di stare contro il drammatico fenomeno della ludopatia, che nella nostra città colpisce tante famiglie, soprattutto quelle economicamente più fragili.
3) dare la possibilità alla Giunta, ogni anno, di individuare zone della città nelle quali le nuove attività di natura commerciale o artigianale fossero esentate dal pagamento della TARI, per un periodo che poteva andare dai 12 ai 36 mesi.
Uno strumento per programmare davvero lo sviluppo della nostra città, e per favorire investimenti e la nascita di nuovi negozi o botteghe. Idee insomma, non retorica a basso costo.
4) prevedere che in caso di chiusura delle attività commerciali o produttive per ordinanze sindacali, o decisioni regionali o governative (così come successo nel periodo del lockdown) queste attività fossero esentate dal pagamento della TARI per il periodo di cessazione forzata delle attività. Dopo quello accaduto in questi mesi, ci sembrava una forma di tutela – per quanto parziale – per quei settori che faticosamente stanno cominciando a riprogrammare il futuro.
Incredibilmente, anche qui, il Sindaco e la maggioranza hanno votato contro queste quattro proposte: dimostrandosi ancora una volta contro l’uguaglianza, la tutela delle fasce più deboli, le esigenze di chi nonostante tutto lavoro e investe nel nostro territorio.
Si è poi passati a discutere di alcuni argomenti propedeutici all’approvazione del bilancio previsionale 2020-2022: argomenti di bilancio discussi e approvati senza il parere delle commissioni consiliari, senza dirigenti e tecnici comunali con i quali potersi confrontare, nella più assoluta impossibilità da parte di noi consiglieri di analizzare o modificare le proposte. Il tempo stringe, dice il Sindaco, non spiegando però il perché temi importanti come le aliquote IMU siano stati fermi per mesi nel cassetto della sua scrivania.
Si è poi passati a discutere dell’argomento inerente le Farmacie comunali. Argomento, beninteso, che arriva in Consiglio su richiesta delle opposizioni, dopo che il Sindaco il 6 novembre 2019 aveva testualmente detto: “Sulla questione relativamente alla vendita delle farmacie comunali ci sarà un argomento al prossimo Consiglio comunale e pertanto si andrà nel merito”.
Ci sfugge dunque in quale buco spazio-temporale si sia perso questo argomento, e cosa sia successo in questo anno. Perché, ad oggi, non è dato sapere perché non sia stata ancora discussa in Consiglio la convenzione tra il Comune di Scafati ed il Consorzio Farmaceutico Intercomunale, perché vi siano due perizie – diverse – di stima del valore delle farmacie, come e perché siano state gestite in questo anno (costi, ricavi, inventari, magazzino,… ), che fine abbia fatto il bando di vendita.
Il Sindaco sull’argomento si è limitato a leggere una relazione del responsabile del settore Finanze, datata 28 aprile 2020, confermando anche qui l’ipotesi della presenza di un buco spazio-temporale all’interno di Palazzo Mayer. Immaginiamo dunque il Sindaco dire alla sua Giunta “ci vediamo domani”, e poi ricomparire dopo sei mesi: si spiega il perché di come vanno le cose in città.
Ma quello che invece non si spiega affatto è la bozza di convenzione tra il Comune ed il Consorzio: una bozza estremamente penalizzante per il nostro Ente, che non dà assolute garanzie sul controllo, la gestione e la tenuta del conto economico delle cinque farmacie cittadine, che prevede un risarcimento del Comune al Consorzio stesso di circa un milione di euro (non sappiamo perché, non sappiamo calcolato come), nella quale l’Ente prende atto di qualsiasi cosa abbia fatto il consorzio in questo anno senza nessuna forma di controllo e verifica, dei costi, dei ricavi, del personale, degli inventari, del magazzino.
Una convenzione che stabilisce una divisione del 50% degli utili (o delle perdite) delle farmacie comunali tra Comune e Consorzio senza spiegare, anche qui, come sia individuata questa percentuale, tipo fosse un numero magico della cabala. E che prevede come i costi indiretti siano ribaltati sul centro di costo di ciascuna delle cinque farmacie, con il rischio di ribaltare sull’Ente – tramite le singole farmacie – le perdite o i debiti del Consorzio stesso.
Insomma, la sintesi, è che sulle farmacie comunali, sul come siano state gestite e con quali risultati, sulla convenzione e sul bando di vendita non si capisce nulla. O meglio, quello che si capisce preoccupa, e molto.
Ma il Sindaco, come Alice della famosa canzone, tutto questo non lo sa.
E ci pare sempre più simile al Don Abbondio di manzoniana memoria: un vaso di terracotta, costretto a viaggiare tra molti vasi di ferro.
Per questo, continuiamo a dirlo, per il bene della città e anche per il suo, si dimetta: “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”.
E Scafati invece, per essere difesa da interessi speculativi e per poter serenamente e proficuamente programmare il proprio futuro, avrebbe davvero bisogno di un Sindaco che questo coraggio dimostrasse di averlo.
P.S.: anche questa volta il Consiglio comunale è iniziato senza che la maggioranza fosse nelle condizioni di garantire il numero legale. Il Presidente del Consiglio comunale e la Segretaria Generale hanno ritenuto non utile, su questo, un parere del Ministero degli Interni, che chiariva bene la questione. Ciò potrebbe portare ad invalidare gli atti votati attraverso una seduta che potrebbe essere considerata illegittima.
Ma il punto, in verità, non è tecnico o numerico: il fatto che costantemente un terzo dei consiglieri di maggioranza non sia presente ai Consigli comunali descrive meglio di tutto l’incapacità di Salvati di gestire non solo il Comune, ma anche la sua stessa squadra.
E la mancanza di interesse e di amore, verso il proprio mandato e la collettività, da parte di chi oggi ha invece l’onore di amministrarla.
Michele Grimaldi, capogruppo democratici e progressisti.