Cara Gloria, figlia adorata,
hai 14 anni e mezzo e ti appresti a cominciare il secondo anno al Liceo.
Oggi sono stata alla Stazione centrale di Bologna perché si commemorava il 40esimo anniversario della strage omonima. Infatti il 2 agosto del 1980, alle ore 10: 25, nella sala d’attesa della stazione ferroviaria, veniva fatto esplodere un ordigno a tempo, contenuto in una valigia e perdevano la vita 85 persone innocenti, ne restavano ferite, chi in modo permanente, chi in modo grave, chi lievemente, oltre 200.
Lo racconto a te perché spesso la storia non viene approfondita nel modo giusto a scuola e certi eventi, invece, debbono rivestire un’importanza cruciale nella crescita di ogni individuo.
Questo attentato, cara Gloria, è accaduto in una giornata calda, afosa di 40 anni fa, come oggi. Le persone tornavano dalle vacanze, alcune partivano, non pensavano certamente di trovare lì la morte o ferite gravissime, o semplicemente il terrore che mai più le ha abbandonate. E’ stato definito il più grave atto terroristico avvenuto in Italia nel II Dopoguerra, indicato come uno degli ultimi atti della Strategia della tensione (sentirai parlare anche della strage di Piazza Fontana nel 1969, a Milano, la città dove tu crescerai, figlia mia ).
Bologna è la città rossa per antonomasia, il simbolo del Comunismo italiano se vogliamo, della libertà di parola, dei colori della diversità e della cultura, non a caso viene chiamata LA DOTTA, e la strategia della tensione altro non era che una teoria politica degli anni ’70, gli anni di piombo, che mirava a destabilizzare gli equilibri precostituiti e la voglia di colorare il mondo, senza guerre, senz’armi. Anche per questi motivi s’intuì che la pista da seguire per trovare i colpevoli doveva essere quella neofascista. Vennero condannati, infatti, dei neofascisti: Licio Gelli, Pietro Musumeci ed altri 8, l’ultimo di questi nel 2020, a.D.
Tra quest’ultimi vi era un ragazzo di 16 anni, poco più grande di te, quindi, che di nome faceva Luigi Ciavardini, esecutore materiale, assieme ad altri due, dell’esplosione, che aveva dichiarato di trovarsi a Padova quel giorno ed ha sempre negato la propria responsabilità
Dopo tanti processi, depistaggi, venne condannato in prima istanza a 30 anni di reclusione, ma nel 2009 ha ottenuto la semilibertà.
Durante gli anni della lotta veniva soprannominato Gengis Khan, ma prima d’allora era un ragazzo felice e spensierato. Nato a L’Aquila, si era trasferito a Roma, ove il padre era maresciallo della polizia e la sua non era una famiglia fascista, anzi non si parlava affatto di politica. Ma sai com’è, a 16 anni cominciò a frequentare il Movimento Sociale Italiano, finì in carcere per una rapina e per la maledetta voglia d’armarsi.
Ma quel giorno alla Stazione Centrale di Bologna, in cui il tempo sembra essersi fermato, tra le 85 persone rimaste uccise, c’era una coetanea di Ciavardini. Si chiamava Marina Antonella Trolese, di Sant’Angelo di Piove, vicino Padova, guarda caso città in cui Ciavardini diceva di trovarsi il giorno della strage.
Anche Marina, cara Gloria, come te, frequentava il Liceo ed era lì per un viaggio studio. Con lei c’erano anche sua madre, morta sul colpo, il fratello dodicenne e la sorella quindicenne, rimasti feriti. Marina non morì subito. Passarono 20 giorni prima che spirasse, per le gravi ustioni riportate, all’Ospedale di Padova. In quei 20 giorni ella avrà sofferto, mentre il Ciavardini pensava a farla franca o magari si era pentito, ma di sicuro non sapeva che a causa sua una ragazza della sua età, con lo stesso diritto di vivere, di sognare, di avere un futuro, stava per morire.
Gloria adorata,
non volevo rattristarti, ma devi sapere, devi capire, devi ricordare!
Nessun giovane può esimersi dall’imparare a pensare e solo studiando e comprendendo a fondo gli eventi storici possiamo evitare che ricapitino in futuro.
Oggi ero lì, in piedi, davanti alle ghirlande, alle autorità politiche, alle forze dell’ordine, alla gente comune, e nella mia mente, pregavo per Marina e ti raccontavo queste cose.
Annalisa Capaldo