Quella domenica, il direttore di gara fu chiaro:
“Prima del calcio d’inizio, signori, dovrà essere rispettato un minuto di silenzio per un personaggio venuto meno al mondo dello sport locale e anche se non ho capito bene di chi si tratta, non è compito mio questo, io sono deciso nel concederlo e nel farlo rispettare questo minuto e voialtri obbligatoriamente dovrete osservarlo. Capito?”.
Sì, signor arbitro, risposero tutti.
Eh sì che bisognava fermarsi per un minuto, che forse non bastava neanche. Giornate intere ci sarebbero volute per commemorarlo. Sempre pronto ad accogliere giocatori locali e ospiti ai cancelli d’ingresso, ma non era un dirigente, spesso accompagnava l’arbitro all’uscita finita la partita, ma non era un addetto al direttore di gara.
Da anni, poi, della squadra di casa seguiva tutti gli allenamenti pomeridiani, serali e notturni.
Una presenza che era presenza insomma.
Non una parola di troppo, mai; anzi spesso zitto, in silenzio, che proprio il parlare non era il suo forte.
Correre, invece sì. Lo si vedeva spesso scorrazzare dalla tribuna ai distinti e ritorno.
Sentire, ascoltare, accertarsi di ciò che si diceva sugli spalti, questo sì, che gli piaceva.
Alla fine del primo tempo poi, non è che aveva l’abitudine sciocca di spalleggiare, per vantarsi, il migliore fino a quel momento, lui amava rincuorare il peggiore.
Non è che se ne intendesse molto di tattiche ma chiunque con un po’ di sensibilità avrebbe scorto chi fino a quel momento non proprio stesse giocando alla grande.
E anche se da questo, dal peggiore, non riceveva nessun ringraziamento – i giocatori incazzati sono peggio degli animali – lui rimaneva fiero di aver condiviso quei 20 metri dal campo agli spogliatoi proprio con il peggiore.
E poteva capitare a tutti una partita storta, tra sé diceva.
Chissà se tornava a casa alla sera quando partite e allenamenti si erano conclusi, di certo mangiava al campo, pranzo e cena.
Come trascorreva il tempo, il povero cristo, quale vita da cane svolgesse nelle altre ore del giorno non è stato dato di sapere.
Ebbene quella domenica, tutti, noi squadra di casa ed avversari, rimanemmo fermi, perfettamente
fissi prima del calcio d’inizio, per lunghissimi 60 secondi.
Fieri di averlo avuto per compagno, per amico meglio, anzi il migliore amico in cui ci si può imbattere, volemmo ricordarlo con la nostra religiosa immobilità.
Per la pace di tutti, gran rilievo sui giornali, il giorno dopo.
A Book, così lo chiamavamo, amico di tutti, il saluto ultimo nostro.
I giocatori del Pregiato calcio.
Così si leggeva sulla targa posta dove si decise di sotterrarlo, proprio davanti alla sua cuccia