Nel nostro Paese la legge n.194 del 1978, sotto la Presidenza di Leone, ha depenalizzato e disciplinato le modalità di ricorso all’aborto.
I contrasti tra i favorevoli e i contrari all’introduzione nell’ordinamento giuridico della nuova normativa non hanno impedito l’avvio di un cambiamento epocale in cui alle donne, per la prima volta, si concedeva la possibilità di procedere all’interruzione volontaria della gravidanza.
A molti poteva e può sembrare discutibile la scelta di non mettere al mondo un figlio, ma, indipendentemente da ciò, esprime il diritto di una persona che, in un momento della propria vita, non considera la maternità un’opzione realizzabile.
La tradizione cattolica non ha potuto e non può, per ovvi motivi, accettare una simile posizione e, nel corso degli anni, gli attacchi, celati o diretti, alla legge n.194 non sono mancati.
Infatti, di recente molte amministrazioni locali sul territorio nazionale hanno istituito dei registri su cui sono stati annotati quei bambini mai nati (nel regolamento di polizia mortuaria la dicitura “prodotti abortivi” è stata sostituita da quella che utilizza la definizione di ”bambini mai nati”); ultimo in ordine di tempo è stato il comune di Marsala, che si è pronunciato favorevole a seppellire i feti.
Il dissenso da parte di associazioni femminili e non solo per l’iniziativa, considerata l’ennesima minaccia alla legge n.194, è stato netto e continua ad alimentare la tensione tra due contrapposte visioni che hanno come oggetto l’aborto e le conseguenze sull’autonomia femminile.
È l’esercizio della volontà della donna che rifiuta la maternità ad essere considerato inaccettabile e a creare tensioni fra le parti con differenti prospettive ideologiche e religiose.
Inizialmente, l’iscrizione all’anagrafe e la sepoltura dei feti era stabilita solo dopo la ventesima settimana e quindi riguardava esclusivamente i casi di aborto involontario; il Dpr 285/1990 estese tale pratica anche ai feti con un numero di settimane inferiori, infine la circolare del Ministro Donat-Cattin contemplò la possibilità di sepoltura dei feti anche senza la volontà dei genitori.
Nel 2017 il Consiglio regionale del Veneto ha deliberato la sepoltura dei feti senza alcun riferimento alla settimana di gestazione (nello specifico si dovrebbe parlare di embrioni) e indipendentemente dal coinvolgimento dei genitori, il tutto a spese dell’azienda sanitaria.
Durissima la reazione delle attiviste aderenti al partito politico italiano della Sinistra Anticapitalista che interpretano le azioni intraprese dalle amministrazioni locali, come il tentativo di riportare in auge e consolidare l’idea di una donna sottomessa alle regole di un sistema in cui essa stessa è prodotto da sfruttare in un’ottica capitalistica. Si legge: “Questa lucida misoginia, questa pretesa di tornare a dettare legge sul corpo e sulla vita delle donne, di rinchiuderle nel ruolo di fattrici della specie senza altro destino, non è solo un rigurgito patriarcalista e passatista, è un progetto attuale che mira a consolidare l’ordine sociale di cui la classe dirigente ha bisogno … Continuare ad assicurare il processo di riproduzione sociale richiede il ritorno a casa delle donne, la centralità del loro ruolo di garanti della rigenerazione materiale e psicologica della forza –lavoro, i una famiglia rigorosamente binaria ed eterosessuale, per la tenuta di un sistema che rispetta il profitto … Sul corpo delle donne si gioca una partita fondamentale che ci chiama a rafforzare l’iniziativa e l’organizzazione del movimento femminista … “.
Il tema è delicato e pone a confronto differenti impostazioni culturali che mettono in campo tesi argomentative difficilmente conciliabili in assenza di una necessaria correttezza intellettuale che non si presti a facili e deludenti strumentalizzazioni. Il dialogo è sempre fondamentale, pur nelle differenze ideologiche.