In questi anni, giornalisti, magistrati, sindaci, politici hanno provato ad accendere i riflettori su Pollica per cercare di avere giustizia, di scoprire la verità. In questo anniversario, inoltre, in molti hanno deciso di ricordarlo per il suo impegno contro la corruzione, la camorra e l’illegalità, chiedendo anche l’istituzione di una commissione d’inchiesta per risalire ai responsabili.
Finestrino abbassato, un’auto ferma in strada ad Acciaroli e il corpo senza vita del sindaco pescatore al suo interno. Sono trascorsi ben dieci anni da quella sera del 5 settembre, quando Angelo Vassallo, sindaco di Pollica fu brutalmente ucciso con nove colpi di pistola. Una storia che non ha ancora un colpevole, non ha neanche un movente, se non quello emerso negli anni e raccontato da un amico. Pochi giorni prima della sua morte, infatti, il sindaco aveva confidato ad un amico di “aver scoperto qualcosa”. Un qualcosa che, forse, nessun altro scoprirà mai.
“Angelo Vassallo è uno straordinario esempio di come non solo si possa ma si debba dare voce e soddisfazione ai bisogni della collettività anziché agli interessi particolari”. Lo scrive il presidente della Camera Roberto Fico. “Il suo ricordo deve servire a stimolare una risposta sempre più ampia e partecipe della società civile contro tutte le pratiche collusive e contro le tante forme di corruzione e illegalità che ancora affliggono il nostro Paese. Ciò richiede impegno, rigore, sensibilità civica e, soprattutto, grande ostinazione nel non rinunciare mai ad immaginare la possibilità di creare un Paese migliore, sulla scorta dell’esempio di Angelo Vassallo”.
“10 anni fa moriva Angelo Vassallo. Un grande Sindaco. Ne ricordo l’amore profondo per il Cilento, l’impegno politico e civile, la passione ambientalista e democratica. La sua memoria e tutti noi abbiamo diritto alla verita’ sul suo assassinio”. Lo scrive su Twitter il coordinatore dell’iniziativa politica della segreteria Pd Nicola Oddati.
Segue la richiesta di istitutire una commissione d’inchiesta per risalire ai responsbaili anche Paolo Siani: “Riteniamo fondamentale l’istituzione della commissione di inchiesta per favorire l’individuazione dei colpevoli dell’omicidio Vassallo. Lo dobbiamo al suo sacrificio, al suo essere esempio di buona politica, quella che lotta concretamente contro il crimine, che fa meno notizia ma per fortuna esiste e va raccontata. Ma lo dobbiamo anche alla memoria delle tante vittime innocenti delle mafie che non hanno ottenuto ancora giustizia”.
«Facemmo tutto ciò che era possibile fare in quelle ore, con le forze che avevamo a disposizione: selezionammo le persone da intercettare, avviammo l’ascolto delle persone vicine alla vittima, disponemmo rilievi medici e balistici, infine praticammo lo stub (il guanto di paraffina) a quelli che potevano essere vicini al mondo dello spaccio di droga». Ricorda ogni tassello di quella notte di dieci anni fa – tra il 5 e il 6 settembre del 2010 – e non ci sta a passare per il responsabile di un presunto gap investigativo, quello delle prime ore dopo l’omicidio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo. Eccolo il magistrato Alfredo Greco, l’allora pm di Vallo della Lucania che diede inizio alle indagini sul delitto Vassallo, prima di mandare il fascicolo alla Procura di Salerno due giorni dopo il delitto, il sette settembre (quando in seno alla Procura distrettuale era nata la convinzione di un ruolo della camorra nell’omicidio del sindaco pescatore). Le prime intercettazioni furono attivate solo dalla Procura di Salerno, quindi con due o tre giorni di ritardo rispetto al momento dell’omicidio. «Abbiamo segnalato noi le utenze da intercettare a Salerno e credo che i primi target di questa indagine siano stati proprio quelli indicati da noi, con tanto di numeri di telefono allegati in una nota firmata da me, spedita a Salerno due giorni dopo il delitto. Il contesto era quello dello spaccio di droga, dal momento che Angelo mi segnalò le sue inquietudini proprio per quello che si verificava sul porto di Acciaroli. Pensi che il lunedì successivo alla morte di Angelo, avevo appuntamento con lui nel mio ufficio. Mi chiese un incontro sulla scorta delle preoccupazioni sempre legate al mondo dello spaccio. Cagnazzo ? Non eva alcuna delega ad acquisire telecamere o altri documenti. È impossibile che io abbia delegato un qualsivoglia atto istruttorio a un ufficiale di Castello di Cisterna, per altro ad Acciaroli in vacanza, anche perché sarebbe stato un atto inutilizzabile. Ho appreso dalla trasmissione Le Iene che il comandante Cagnazzo sostiene di aver agito su mia delega, ma ho già smentito questa circostanza».
Un paio d’anni fa, si scoprì che i filmati della sera dell’agguato ad Angelo Vassallo finirono nella caserma dei carabinieri di Castello di Cisterna. A portarli fu il carabiniere Luigi Molaro, in vacanza a Pollica, in quei giorni, insieme al tenente colonnello Fabio Cagnazzo che, all’epoca, guidava proprio a Castello di Cisterna il nucleo investigativo. Furono i due militari, qualche giorno dopo l’omicidio, a verificare se le immagini registrate dalle telecamere di un negozio di Acciaroli avessero ripreso scene utili dal punto di vista investigativo. Quando, una decina di giorni dopo l’omicidio, Molaro viene ascoltato dai sostituti procuratori Rosa Volpe e Valleverdina Cassaniello, davanti al procuratore capo Franco Roberti, racconta di essere passato ad acquisire quelle immagini e di non averle consegnate alla Procura ma di averle portate alla società produttrice della telecamera per fare estrapolare alcune sequenze che poi trasferirà su una pen drive personale.Una selezione di immagini che, solo dopo essere passate alla sezione rilievi di Castello di Cisterna, saranno trasferite su un cd poi consegnato in Procura una decina di giorni dopo il delitto del sindaco- pescatore, quando Molaro sarà ascoltato dagli inquirenti.
Tutte le riprese archiviate, invece, resteranno negli uffici del nucleo investigativo del gruppo carabinieri di Castello di Cisterna. In quella caserma lavorava Lazzaro Cioffi indagato dal pm Marco Colaminici per concorso nell’omicidio di Angelo Vassallo.La figura di Cioffi venne ripresa in esame dagli inquirenti in seguito all’inchiesta napoletana che lo ha portato in carcere perché in rapporto con uno boss del narcotraffico in provincia di Napoli. Una possibile svolta investigativa sul delitto del sindaco pescatore: secondo questa pista Vassallo sarebbe stato ucciso per il suo impegno nella lotta allo spaccio e per aver scoperto un giro di droga sulla costa cilentana.