Il papà di “Spaccanapoli”, “Gesù, fate luce”, “Diario napoletano”, “Ninfa Plebea” – con cui vinse il Premio Strega e dal quale la regista Lina Wertmuller trasse anche un film – è da sempre presente nella cultura dell’Agro. Non è un caso che molte delle sue novelle le ambienti a Nofi, immaginario paesino campano che poi ricalca Nocera Inferiore, città da cui fu accolto ancora bambino. Ma il perchè di Nofi, lo ricorda Gino D’Angelo: “Conosco benissimo l’episodio, Rea doveva tenere un incontro al Liceo Classico, quando arrivò, trovò il portone chiuso e un addetto gli disse che alcune importanti famiglie nocerine, due o tre, avevano fatto pressione sul preside per cancellare l’incontro, non essendo Rea, autodidatta, al livello degli studi dei figli. La prese malissimo, ci vollero un paio di camomille per calmarlo, assieme al conforto degli amici, in particolare quello dell’inseparabile Stanzione, quel giorno decise che nei suoi romanzi non avrebbe usato il nome della città ma semplicemente Nofi”. Parecchi anni dopo, l’ultima volta a Nocera di Rea: “Come presidente della Pro Loco gli consegnai la Noce d’Oro, ricordo che lui accettò ma con la condizione che non fosse una cerimonia pubblica, avvenne all’istituto alberghiero che adesso porta il suo nome”.
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