
Era l’autunno del 2002, i mondiali in Corea del Sud erano finiti in malo modo da qualche mese. Da giovane portiere ero impegnato nei campi di periferia con le varie scuole calcio locali.
Quella domenica pomeriggio affrontavamo il Ling Mondo Nazione nella struttura dell’ex cimitero vecchio di Angri.
Sulla panchina c’era lui, Giovanni “lo sceriffo”, che guidava la sua squadra e ricordo sostituì dopo poco dal fischio di inizio un ragazzo perché se la prese con l’arbitro perché gli aveva fischiato un fallo dubbio. Compresi che con quel mister non si scherzava.
Uscimmo sconfitti da quella partita. Ricordo che parai ben due rigori, ma non bastò. A fine partita mi venne vicino, mi fece i complimenti e mi disse: “il risultato ci dà ragione, ma tu devi essere soddisfatto per la prestazione, continua così”.
Tornai a sorridere nonostante la sconfitta. Ecco come ho conosciuto Giovanni Vitiello a cui mi hanno legato anche anni da “allenatore” in tanti campionati giovanili e al suo torneo di Pasqua che con amore e spirito di servizio organizzava, anche quando la malattia si era impossessato di lui.
Ieri il consiglio comunale, dopo una discussione sinceramente superflua, ha attribuito e legato il suo nome allo stadio comunale. Quello stadio dove per decenni ha donato il suo amore per questa città e per tante generazioni che devono a lui ciò che sono oggi.
Resistenza e Giovanni “lo sceriffo”, questa la discussione tenuta in questi giorni nella nostra città.
Due elementi della stessa medaglia dove nessuno esclude l’altro. Dispiace sinceramente che la maggioranza abbia respinto la proposta condivisibile della minoranza di intitolare la piazza del municipio e il ponte sul Fiume al 28 settembre 1943.
Avremmo dato doppiamente lustro alla città moltiplicando memoria e onori perché la resistenza è il nostro patrimonio e la nostra identità come lo è Giovanni “lo sceriffo”, punto di riferimento di intere generazioni.
FRANCESCO CAROTENUTO