E poi la domanda ricorrente: «Papà quando torna?». Ecco sì, ma papà, torna?
Bella domanda se sei il figlio di un vicequestore della Polizia nel 1976. Nella vita come in Padrenostro, primo film italiano del concorso di Venezia 77 nelle sale dal 24 settembre con Vision Distribution, perché il regista Claudio Noce è il figlio di Alfonso Noce che fu vittima di un attentato a Roma, nel dicembre di quell’anno, da parte dei Nuclei Armati Proletari. Sul selciato rimane il terrorista Martino Zicchitella mentre nell’auto di scorta di Alfonso Noce, responsabile dei Servizi di sicurezza per il Lazio (il nucleo regionale dell’antiterrorismo), viene colpito a morte l’agente di polizia Prisco Palumbo. Ecco sì, papà non torna a casa. Per un po’ o per sempre. In quegli anni poteva succedere. Ma la cosa interessante del film è la voglia di non cedere a nessun sentimento di vendetta. Anzi, la cosa ancora più bella è che un regista nato nel 1975 (il fratello più grande ha assistito dalla finestra all’attentato contro il padre) immagina che un altro mondo è possibile costruendo una complessa storia vista tutta dagli occhi di un bambino, Valerio, splendidamente interpretato da Mattia Garaci che avevamo già visto a Venezia in Capri-Revolution di Mario Martone. Nei giorni difficili dell’attentato, di cui non capisce né cause né effetti, conosce Christian (Francesco Gheghi), un ragazzino poco più grande di lui che sembra un Lucignolo uscito dal nulla delle campagne della Capitale quando ancora esistevano. Lo rincontrerà poche settimane dopo quando il padre guarito, interpretato da Pierfrancesco Favino, decide di prendersi una pausa tornando con la famiglia nella sua Calabria.
Ma a noi tocca ricordare nello specifico l’agente di polizia Prisco Palumbo: era nocerino, di via Gelsi. Prisco entra in Polizia a diciannove anni. Nel 1971 si trasferisce a Trieste dove frequenta la Scuola Allievi.
Ancora molto giovane viene assegnato a Caserta dove rimane pochissimo. Viene, infatti, trasferito alla Questura di Roma dove la sua vita si interromperà il 14 dicembre 1976.
Prisco sta guidando l’auto di scorta del vicequestore Alfonso Noce, responsabile dei Servizi di sicurezza per il Lazio (il nucleo regionale dell’antiterrorismo). L’auto viene assalita da alcuni terroristi dei Nuclei Armati Proletari appostati in un furgone.
I nappisti scendono dall’automezzo e danno vita ad un conflitto a fuoco. Un colpo di mitra raggiunge la tempia di Palumbo. L’agente muore mentre è ancora al volante dell’auto. E’ il 14 dicembre del 1976
La Digos di Roma, a conclusione di serrate indagini, riesce ad identificare e poi individuare alcuni dei responsabili dell’agguato, facenti capo al “Nucleo armato 29 ottobre”, tra essi: Raffaele Piccinino, Ernesto Grasso, Sebastiano Cerullo e Giovanni Gentile Schiavone, che vengono arrestati e, in seguito, condannati all’ergastolo. Per Palumbo, ucciso a 24 anni, arriva la medaglia d’oro al merito civile alla memoria. L’eredità morale e civile di Prisco è conservata oggi dalla sorella Filomena, che vive a Milano, spesso viene a Nocera per recarsi al cimitero dove riposano oltre al fratello anche i suoi genitori, Fioravante Palumbo e Ida Fierro. Prisco è nato al rione Grotti di Nocera Inferiore, dove lo ricordano tuttora. I suoi genitori si
trasferirono in seguito al Rione Casolla, dove sono rimasti fino alla loro scomparsa. Tra questi due rioni Prisco ha trascorso la sua vita prima di arruolarsi.