Rubavano auto e poi facevano il ‘cavallo di ritorno: arrestati in 8, in cinque finiscono in carcere, tre ai domiciliari.
Nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nocera Inferiore, i Carabinieri del Comando Provinciale di Salerno hanno eseguito un’Ordinanza applicativa di misure cautelari personali, emessa dal G.I.P. del Tribunale, dott. Luigi Levita, che dispone la custodia cautelare in carcere a carico di 5 persone e gli arresti domiciliari a carico di 3 persone residenti tra le provincie di Napoli e Salerno, ritenute a vario titolo responsabili dei reati di associazione per delinquere finalizzata al compimento di plurimi reati contro la persona e il patrimonio, nonché estorsione, ricettazione e autoriciclaggio. Contestuali perquisizioni personali e locali sono state effettuate, su delega della Procura della Repubblica, a carico di altri 7 indagati in stato di libertà per i medesimi reati.
Le indagini, coordinate dal Sostituto Procuratore della Repubblica dott. Angelo Rubano e dal Procuratore della Repubblica dott. Antonio Centore, hanno preso spunto da elementi indiziari acquisiti nel mese di ottobre 2019 dai Carabinieri di Scafati e della Sezione Radiomobile di Nocera Inferiore in occasione di un controllo e sequestro di un’autovettura rubata a bordo della quale viaggiava uno degli odierni arrestati, che procedeva a breve distanza rispetto ad altra autovettura occupata da 3 complici (anch’essi odierni arrestati).
Dallo sviluppo degli elementi investigativi documentati nella circostanza e, in particolare, dall’estrapolazione del contenuto degli smartphone nella disponibilità delle persone controllate e deferite (video, immagini, file audio, chat telematiche), è scaturita un’articolata attività d’indagine protrattasi nei mesi successivi attraverso la minuziosa ricostruzione degli episodi in cui gli indagati risultavano coinvolti, l’identificazione dei correi e delle parti offese, l’analisi delle denunce presentate in relazione alle specifiche tipologie di reato nel territorio di riferimento e l’escussione delle stesse vittime.
Tali attività hanno consentito di reperire gravi, molteplici e concordanti elementi indiziari circa l’esistenza di un’associazione per delinquere dedita stabilmente al compimento di plurimi furti di autovetture e al conseguimento di illeciti profitti attraverso la loro rivendita nel mercato occulto dei veicoli rubati ovvero, in alternativa, la restituzione ai legittimi proprietari dietro pagamento di una quota estorsiva secondo il consueto e rodato modello del “cavallo di ritorno”.
Il sodalizio, composto da soggetti residenti a Scafati, Angri, Boscoreale, Torre Annunziata, Terzigno, Pompei e Castellammare di Stabia, operava permanentemente tra le province di Napoli e Salerno (in particolare, Agro nocerino-sarnese e paesi vesuviani) attraverso una suddivisione dei compiti e la creazione di uno spazio virtuale di circolazione interna delle informazioni e delle comunicazioni operative inerenti all’attività associativa costituito da una chat sulla piattaforma WhatsApp denominata dagli stessi partecipanti “Gli sfiammati”.
Il modus operandi della consorteria prevedeva dapprima apposite attività ricognitive sul territorio al fine di individuare le autovetture da rubare. Gli esemplari che risultavano di potenziale interesse per ubicazione e condizioni esteriori venivano sottoposti ad accurata e
metodica indagine attraverso la consultazione di applicazioni telematiche, disponibili sulla rete internet, da cui gli indagati prelevavano informazioni sul veicolo e sul proprietario che venivano utilizzate sia per la selezione di quelli di interesse in base alle potenzialità di profitto, sia per instaurare contatti estorsivi una volta perpetrato il furto. Individuato l’obiettivo utile, esso veniva asportato grazie alle abilità predatorie e al contestuale utilizzo di dispositivi elettronici, in grado di acquisire il controllo delle componenti di bordo bypassando la centralina, forniti da persona dotata di competenze specialistiche in materia, residente in provincia di Bari e che risponde, in ragione di tale condotta, di partecipazione al sodalizio. Il mezzo asportato veniva lasciato “riposare” per alcuni giorni in un parcheggio o altro luogo in cui non desse nell’occhio per evitare il rischio di immediata localizzazione da parte del proprietario e, superato indenne tale periodo, destinato alternativamente alla sopra descritta restituzione estorsiva ovvero alla ricettazione.
Nel corso delle indagini, sono stati acquisiti compiuti elementi di responsabilità circa la consumazione di 13 furti di autovettura, 16 episodi di ricettazione, 3 estorsioni e 2 casi di autoriciclaggio consistiti nell’asportazione dei dispositivi GPS al fine di impedirne la localizzazione successiva alla sottrazione furtiva. Numerosi altri episodi sono tuttora in fase di individuazione e ricostruzione prendendo spunto dalla cognizione solo parziale o frammentaria finora acquisitane.