La foto è del 1980, seduti al tavolo ci sono Antonio Bassolino ed Enrico Berlinguer, De Luca è l’uomo con i baffi in piedi a destra.
Qualche ex comunista la racconta ancora, quella leggenda. Erano gli anni delle interminabili riunioni in via dei Fiorentini a Napoli, in quella che fu la sede regionale del Partito comunista prima, del Pds e dei Ds poi. Fumo di sigarette, fogli scritti a penna, voci alterate dalla rabbia, pugni battuti sui tavoli. Al centro della discussione, le candidature alle elezioni europee del 1999. Raccontano che lui, a un certo punto, esce per prendere aria. Cammina qualche centinaio di metri, arriva in piazza del Plebiscito. E lì, con un compagno di partito, un suo pretoriano, si colloca in fondo e inizia a camminare e contare con passo marziale. Uno, due, tre… e così via da Palazzo Reale fino al centro della piazza. E ancora: cinquanta, cento… fino ad arrivare all’altra parte, nell’emiciclo che contiene la bella basilica di San Francesco di Paola. La leggenda racconta che una volta conclusa questa marcia egli esclamò, rivolto al suo interlocutore: «La vedi questa piazza? Quella che farò io a Salerno sarà un passo più grande». Il fedelissimo, raccontano, annuì, un poco scettico. E lui ribadì: «Sarà la piazza più grande della Campania. Quant’è vero Iddio». È questo l’aneddoto che usano gli ex compagni per raccontare il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca.
Duro, rigoroso, scontroso al limite dell’aggressività. Oggi si definisce «gobettiano liberale», ma il Vincenzo De Luca segretario della Federazione salernitana del Partito comunista italiano non ha mai conosciuto mediazioni o toni concilianti. Per i militanti a lui fedeli era il «professore». Per i suoi avversari, invece, era «Pol Pot». Proprio da segretario costruisce la sua fortuna politica. Per chi ha seguito e poi contestato il trentennio del «professore», l’ascesa al comune e alla scena politica nazionale è iniziata da un colpo di fortuna. Nel 1992 De Luca è vicesindaco della giunta Vincenzo Giordano, sindaco arrestato (e poi prosciolto) durante la tempesta di Tangentopoli. Fino a fine consiliatura De Luca prende le redini dell’amministrazione proponendosi come il nuovo che avanza. Un anno dopo, alle prime elezioni dirette del sindaco, vince con una lista civica ma non è un plebiscito. Al primo turno va al ballottaggio con il 27 per cento dei consensi e poi viene eletto di misura: da questo momento costruisce il suo potere e il suo consenso bulgaro. A emergere è un primo aspetto: il decisionismo. Vincenzo De Luca dimostra di essere insofferente alle procedure formali e alla burocrazia. In poco meno di 48 ore, attraverso un’ordinanza sindacale, abbatte il vecchio cementificio sul lungomare cittadino, approfittando della caduta di alcuni calcinacci. Il suo interventismo decisionista affascina i salernitani che rispondono con un sostegno larghissimo verso il loro sceriffo. Il resto è ancora attualità…