Complice la luna piena che fa capolino dietro il teatro Grande di Pompei, una magia naturale inaspettata, lo spettacolo Resurrexit Cassandra amplifica il suo senso nell’assoluto del suo scenario. Apre il Pompeii Theatrum Mundi con la forza della storia che parla nelle pietre antiche a cui si aggiunge la forza di un messaggio, la forza di un’interpretazione. Cassandra visionaria, cassandra pazza, Cassandra puttana. Cassandra torna in vita, inascoltata sempre, e continua a guardare e vedere oltre. Inevitabilmente. La pelle che, come i serpenti di legno presenti sulla scena, Cassandra risorta si toglie, cambiandosela vestito sotto vestito, sembra essersi attaccata addosso allo spettatore che, lasciandosi condurre dai passi del testo di Ruggero Cappuccio, dell’interpretazione piena di energia di Sonia Bergamasco e nella lettura di Jan Fabre non può più togliersi da dosso.
LA STORIA DI QUATTRO CASSANDRA
Quando entra in scena, solenne, Cassandra-Bergamasco con il suo vestito con strascico nero, entra con tutta la terribilità della sua storia. Inascoltata come sempre. Visionaria certo. Come l’idea di un corpo separato che si ricompone. La chiave di questa visione è l’immobilità. Quella in cui la parola, la voce, il viso diventano il modo con cui Cassandra torna, entra, disfà certezze, racconta tragedie impossibili da evitare. Inutilmente, perché inascoltata, offesa, folle. Energia del corpo fermo nella vita a cui fa da contraltare la proiezione dell’immagine di lei, dietro in movimento, che ripete gesti nello spazio con un’ascia. Per passare da un momento all’altro Cassandra cambia vestito, accanto ai serpenti lignei distribuiti attorno, gli stessi che, secondo un’interpretazione le diedero la sue doti profetiche. Come loro cambia pelle. Si toglie una pelle-vestito sotto cui ce n’è un’altra. Il vestito-pelle nero cade e il nuovo è rosso e poi verde e poi bianco. Ogni colore rispecchia una condizione. Rosso la memoria del suo passato, verde il futuro assurdo in cui vede la volontaria distruzione della natura, bianco la possibilità. Dal palco suona reale il monito, sulla lenta distruzione, di una natura che stiamo distruggendo, e sappiamo ch e non è folle visione. La natura schiaccia. L’etereo vestito bianco esprime l’eternità del tempo, nell’eternità di amore che non rispetta i tempi verbali. Quello che fu domani, quello che sarà ieri danno il senso che in quelle solo si sviluppa un possibile.
CASSANDRA DENTRO, LA STORIA SI RIPETE
E allora su tutto questo viaggio visionario di una voce-corpo l’emozione di una responsabilità diventa solida. Diventa ricchezza. La magia è legata all’interpretazione diretta dalla sensibilità di Jan Fabre, sempre attento ai colori della contemporaneità. Messaggio arrivato, operazione compiuta. Cassandra dopo queste parole che riescono a colpire, a vibrar di vero, nonostante si pongano come visionarie, ognuno se la porta dentro. Sono già state dette, già state ignorate, perchè Cassandra non è solo una persona, ma un ruolo eterno che lei stessa chiede di smettere di avere. Si affaccia dentro lo spettatore l’interrogativo, mentre entra in quell’intenso. Perché? Perché non dare ascolto a quella voce saggia, visione prevista, evitabile, semplicemente abbattendo le proprie chiusure dentro?
(visto al Pompeii Theatrum Mundi il 26 giugno 2021)