Con la ” riforma” degli Esami di Stato, che , nella nuova veste, debuttarono nell’anno scolastico 1998/99, entra nella Scuola Superiore la necessità di superare il “disciplinarismo” : la “tesina” , momento clou del colloquio, andava costruita da ogni candidato, individuando un nucleo tematico intorno al quale far “ruotare” le discipline : in altre parole, i candidati preparavano il colloquio su un canovaccio che ,negli anni, diveniva una mappa concettuale.
I “pezzi rotatori” delle discipline venivano concordati con i docenti interni e si “curava” con maggiore attenzione quanto sarebbe stato oggetto di valutazione da parte dei docenti esterni.
Nel tempo e in alcuni contesti, i docenti interni, in veste di commissari, “scoprivano” solo all’atto della consegna alla commissione d’Esame cosa i loro studenti avessero scelto della loro disciplina quale argomento di approfondimento ed erano questi i casi di querimonie quando , nero su bianco, il docente di Filosofia si rendeva conto, con tardivo orrore, che lo studente avrebbe “conferito” su Nietsche (!) .
Per anni , sempre da parte dei commissari interni, abbiamo assistito a un esame condotto su argomenti “altri” , su parte del programma svolto e su cui almeno in linea teorica, gli studenti erano già stati valutati in sede di scrutinio.
Il senso della “tesina” veniva , quindi, regolarmente disatteso , specie se il candidato poteva aspirare a una buona valutazione : la performance d’Esame era tanto più brillante, quanto più il candidato dimostrava di conoscere in senso strettamente disciplinare.
Per qualche anno, con la Riforma Moratti, non ci furono commissari esterni : sei docenti interni , più un commissario esterno.
Se avevi una “buona ” quinta un po’ dispiaceva, se no lavavi i panni sporchi in famiglia.
Questo per chiarire che ,in tal guisa, la scuola superava il “superamento” delle discipline, con un processo di adattamento del “vecchio” al “nuovo” .
Il Nuovo Esame di Stato , che si poneva quale cavallo di Troia, per modificare i processi di insegnamento/apprendimento , venne così, di fatto, neutralizzato.
Dal 2000 ad oggi , sono passati 21 anni, molto è cambiato , soprattutto sono cambiati i termini del dibattito pubblico.
Sempre più bisogna fare i conti con quella che Cioran chiamava “la portinaia universale” , il Moloch cui la politica parla e a cui si conforma nei modi, nelle scelte di costruzione del sentire comune , suonando il “piffero di una rivoluzione” , i cui esiti travolgeranno quanti ora si illudono di far sentire la propria voce, blanditi da una comunicazione politica che ne assume linguaggio e riduzionismi interpretativi.
Un capolavoro , senza dubbio, ma la Storia procede mediante queste astuzie.
La ” cesura ” della pandemia, con le sue conseguenze nel discorso della scuola e sulla scuola , segna il ritorno forte del dibattito sulle competenze come mezzo e fine per dare ” a ciascuno il suo” .
Ascoltavo ieri l’intervista al prof. Maragliano sull’argomento, i miei dubbi sono cresciuti.
Rimane il quesito : superare il disciplinarismo ( e il suo naturale portato la lezione frontale) è il vero problema o, meglio, è la “soluzione”?
Se ci chiedono di “fare un vestito su misura per ogni scuole e un vestito su misura per ogni alunno” forse il problema non è il “modello” , ma la sartoria nel suo complesso…
Visto che diventa complicato fare “alta moda sartoriale” si tende a ricondurre l’acquirente a una standardizzazione delle misure, chi non riesce ad entrare nella “nuova moda” perché ha la gobba , è in sovrappeso o troppo alto, sarà solo colpa sua e della scuola che ha frequentato : non ha saputo fargli fare ginnastica posturale , sottoporlo a una dieta adeguata o adagiarlo sul letto di Procuste .
Gli daremo una “maturità di cittadinanza”: peccato che l’INVALSI poi ci dirà che abbiamo sbagliato.