RECENSIONE -La Tempesta di Shakespeare nella regia di Rosario Sparno e produzione Le Nuvole -Casa del Contemporaneo non è uno spettacolo nuovo, ha circa dieci anni di vita (anche se non attivi) ma non perde la sua magia. Casomai l’accresce. La sua ripresa, tutti i fine settimana di questo luglio, trasportata sulla montagna del Faito ha raggiunto e aggiunto profondità. La storia di Prospero e sua figlia, del figlio del re di Napoli e di Calibano, nella resa teatrale in cui tre attori realizzano 5 personaggi, diventa pura poesia nello scenario di faggi secolari e buchi della neviera.
LA TEMPESTA IN 5 PERSONAGGI E TRE ATTORI
Il testo, che è una riduzione dell’opera Shakespeariana, era nato originariamente con un intento preciso: tradurre per ragazzi spettacoli classici, in un progetto che aveva il nome di Stanza Blu al Mercadante di Napoli, che andavano in scena contemporaneamente a quella per adulti sul palco grande dello stesso teatro. Ma non per questo poi questo progetto non veniva seguito anche da un pubblico adulto. Lo splendido progetto si è concluso ma gli spettacoli restano.
I tagli e l’impostazione che Sparno ha dato a questa Tempesta, con riduzioni di parole e di personaggi (accorpati nel senso in altri) ruotano su dei ‘nodi’ precisi.
Prospero, mirabilmente interpretato da Massimiliano Foà, fa da centro catalizzatore. L’uomo tradito dal fratello, crea una dimensione di potere e magia sulla sua isola dove si è nascosto, insieme alla figlia Miranda, al suo spiritello Ariel e all’animalesco Calibano. E’ lui che tira le fila, decide, e grazie al suo potere magico, rappresentato fisicamente da un mantello rosso,’cucito di fili di ferro’ dall’arte di Antonella Romano (artista oltre che attrice), le sorti degli intrecci.
Sua figlia Miranda vive in una vasca da bagno, e aspetta con curiosità l’amore. E’, un’intensa Paola Zecca che si trasforma, all’occorrenza, con un po’ di magia nello spiritello Ariel, che ha come segno distintivo, visto il suo appartenere al mondo magico, proprio un copricapo rossiccio cucito in fil di ferro (creato dalla stessa Romano). E come Ariel, obbedisce in nome di una libertà paventata. La gentilezza di Prospero con la figlia diventa tono di forza con Ariel, con cui usa la magia delle mani. Due figure, queste femminili, che vengono un po’ schiacciate dalle presenze maschili, vivono nel loro essere in relazione e su sentimenti essenziali.
Calebano / Ferdinando, il cui doppio ruolo è interpretato dallo stesso Luca Iervolino, condividono la capacità di spostarsi ampliamente nello spazio scenico. Densa la suggestione nel vederlo/li girare nel faggeto, scendere nelle neviere, entrare in alberi cavi, restituire allo scenario naturale il suo valore di luogo magico, di isola. I due personaggi propongono sfumature e voci molto diverse, dall’ingenuto e quasi caricaturale manifestare l’amore di Ferdinando per Miranda, alla violenza di una assenza di libertà di Calibano che anche nel suo incedere incespica, vero ‘mostro’. Un doppio ruolo di cui, grazie a Iervolino, ben si sente il contrasto che riesce a strappare sorrisi e pensieri amari.
LA MUSICA DAL VIVO
Un ruolo centrare in questa rappresentazione è quello dei suoni, della musica creata da Massimo Cordovani. Tamburi, lamiere sospese ad alberi, rammerdrum, chitarra, la fusione di due Handpan, danno voce a sentimenti, sottolineano momenti della rappresentazione (come la nave nella tempesta voluta da Prospero o l’ingresso di Ariel). Sono parte dunque fondamentale di cui si sente il divertito gioco di Cordovani ad amplificare e sostenere la lettura di ciò che accade o che si vuol far capire. Il tappeto sonoro aiuta la comprensione dello spettacolo e diventa magia nella magia di uno scenario naturale che sicuraemente aiuta e determina molto nel successo ed impatto emozionale di questo spettacolo.
L’INTENSITA’ DEGLI ATTORI E I TAGLI DEL TESTO
A volte i salti del testo, rispetto all’originale, si sentono come tagli veloci e richiedono, per recuperare, una grande capacità di cambio interpretativo da parte degli attori. Come quando Prospero cambia idea, cambia intenzione, da vendicativa a pacificatrice. Un momento veloce che l’intensità di Foà riesce a far percepire nel profondo, anche se non spiegato. Tutti e tre gli attori sono chiamati a questa elasticità in modi diversi. Anche se il finale resta un po’ veloce nel cambio di Calibano libero – Calibano che desidera prendere il potere, sparizione dell’isola. Diventando anche, volendo, qualcos’altro rispetto al racconto originale.
Gli spettatori, seduti su tronchi di legno non possono che lasciarsi trasportare in questo mondo tra odio, compassione e amore. Tra libertà e potere e l’accoglienza di uno scenario, luce tra le foglie. Alla fine di questo piccolo ‘viaggio’, che comprende una passeggiata nello scenario montano, non si può che uscirne modificati. Emozionati di bellezza, e incantati dalla preziosa veridicità della famosa frase della Tempesta: “Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo di un sogno è raccolta la nostra stessa vita”.