Sul Corriere della Sera (23 agosto) Sabino Cassese ha scritto, cito per esteso: «La democrazia è un insieme di istituzioni maturate nel mondo occidentale e non è corretto ritenerla migliore di altri reggimenti [sic] politici e cercare di trasferirla in paesi che hanno tradizioni diverse». Mi è stato subito riferito che le frasi di Cassese hanno già trovato diffusa accoglienza e suscitato grande tripudio in alcuni non imprevedibili ambienti. Seduti in un caffè parigino, una Gauloise fra le dita e un Pernod sul tavolino; rifugiatisi nella loro casetta per il fine settimana su un lago tedesco; raggruppati in vocianti tavolate che criticano aspramente uno qualsiasi dei governi latino-americani; a un congresso in una ridente località balneare fra colleghi politologi, sociologi e persino studiosi di diritto costituzionale; nella riunione di redazione di un quotidiano romano orgogliosamente progressista, molti pensosi intellettuali lamentano con faccia triste che la democrazia è in crisi, è una causa persa, non può essere salvata.
Danno tutti ragione a Cassese: la democrazia è un “reggimento” che non regge più. Poi, inopinatamente, mi giungono altre notizie. Rannicchiati e picchiati in qualche prigione cinese, agli arresti domiciliari nel sud-est asiatico, braccati dalla polizia in diversi stati africani, nascosti sotto protezione perché è stata lanciata una fatwa contro di loro, malmenati/e in piazza Taksim, ricacciate in densi burqa, centinaia di migliaia di oppositori, uomini e donne, lottano in nome della democrazia – sì, proprio quella, occidentale, che hanno visto in televisione e nei film americani, e sperimentato come studenti a Oxford, Cambridge, Harvard, persino alla Sorbona, a Berlino e a Bologna (l’ateneo del quale è studente Patrick Zaki da più di un anno in una fetida cella egiziana), organizzano attività, reclutano aderenti, qualche volta mettono consapevolmente a rischio la loro vita.
Lo ha confermato di recente, dal carcere nel quale è rinchiuso per insubordinazione, il leader degli studenti di Hong Kong, Joshua Wong: «Anche se siamo lontani, la nostra ricerca di democrazia e di libertà è la stessa». Per nessun altro regime (reggimento?), mai, così tante persone di nazionalità, di cultura, di colore, di età e di genere diverso si sono impegnate anche rischiando (e perdendo) la vita.
Ritengono che la democrazia, quell’insieme di regole, procedure e istituzioni che promuovono e proteggono più estesamente e concretamente i diritti civili, politici, persino sociali, è la forma migliore di governo. Sanno che sarà sempre sfidata in nome dei suoi stessi principi e valori. Come scrisse mirabilmente alcuni decenni fa Giovanni Sartori, professore di Scienza politica, esiste una democrazia “ideale”, quella che ciascuno di noi intrattiene nelle sue speranze ed esistono democrazie “reali” con inevitabili problemi di funzionamento e con enormi capacità di apprendimento e di autoriforma come, Winston Churchill conferma, nessun altro “reggimento” politico.