Il ringraziamento forte e sentito alle forze armate: a distanza, le parole si sono messe in corrispondenza tra Roma e Nocera
Il 4 novembre è festa anche se si lavora: in realtà è un ex festivo in cui l’Italia ricorda l’Armistizio di Villa Giusti – entrato in vigore il 4 novembre 1918 – che consentì agli italiani di rientrare nei territori di Trento e Trieste, e portare a compimento il processo di unificazione nazionale iniziato in epoca risorgimentale. In questo stesso giorno terminava la Prima guerra mondiale. Per onorare i sacrifici dei soldati caduti a difesa della Patria il 4 novembre 1921 ebbe luogo la tumulazione del ‘Milite Ignoto’, nel Sacello dell’Altare della Patria a Roma. Con il Regio decreto n.1354 del 23 ottobre 1922, il 4 novembre fu dichiarato Festa nazionale. In questa giornata si intende ricordare tutti coloro che, anche giovanissimi, hanno sacrificato il bene supremo della vita per un ideale di Patria e di attaccamento al dovere: valori immutati nel tempo, per i militari di allora e quelli di oggi. Fino al 1976, il 4 novembre – ‘Giorno dell’Unità Nazionale’ e ‘Giornata delle Forze Armate’- è stato un giorno festivo.
Nell’ultimo 4 novembre di Torquato sindaco, come nell’ultimo 4 novembre di Mattarella presidente, oltre alle parole giuste per la ricorrenza, c’è anche il senso consapevole del distacco: da una fascia tricolore o dal Quirinale. 10 di Torquato e 7 di Mattarella, ovviamente distantissimi per essere paragonati ma inevitabilmente accostabili per aver garantito le istituzioni in maniera adeguata, pur restando con le nostre idee “politiche” (n.d.r. per noi il decennio che termina resta inferiore a tutte le attese e lo ribadiremo sempre), ovviamente più nel caso di Torquato, eletto dalla gente, che di Mattarella, eletto dai parlamentari. Entrambi sono diventati servitori dello stato per tradizione familiare, paterna o fraterna: il lungo e coraggioso impegno missino di Fulvio Torquato, la voglia pagata col sangue di Piersanti Mattarella di una Dc diversa. Stati d’animo in parti simili e in parte divergenti. Torquato, che non corre alcun rischio di rielezione per legge (però siamo certi che parteciperà alla campagna elettorale), arrivò con la foto-quadro di Napolitano e se ne andrà con quella di chi sa chi (speriamo non quella di B.). Mattarella, invece, ha solo una gran voglia di andarsene e spera di evitare di essere “incastrato” da una proroga con rielezione figlia di veti incrociati su altri nomi.