Di lui non si sa molto. Non ancora. Tranne che la nube ardente proveniente dal Vesuvio lo ha colpito mentre si è girato, forse spaventato, a guardarla. Poi la sua vita sospesa in un attimo si è ritrovata a galleggiare nel deposito di ceneri. Fino a quando qualche mese fa, lavorando per restituire la spiaggi dell’antica Ercolano alla fruizione del pubblico e creare un collegamento con la villa dei Papiri, è riemerso, emozionando tutti.
Dopo quaranta anni dagli ultimi ritrovamenti umani a Ercolano è stata trovata una nuova vittima chiamata “l’ultimo fuggiasco” per il momento, visto che appare sempre più chiaro che forse, continuando a scavare se ne troverebbero ancora. Doveva essere un uomo grosso di taglia, sulla quarantina, con alterazione alla colonna vertebrale dovuta probabilmente all’alto tasso di fluoro nelle ossa conseguente al fatto che bevevano acqua di falda (vedi video del prof. Petrone). Era lì sul mare in attesa di scappare insieme alle altre circa 300 persone ritrovate a partire dagli anni ’80 dello scorso secolo (scavo del professore Giuseppe Maggi), tutte bloccate da un mare che non permetteva attracchi e partenze (come ci fa sapere Plinio). Addosso aveva una piccola borsa, il cui contenuto verrà verificato una volta spostato dalla spiaggia, con all’interno di un cassettino di legno, come se ne sono trovate altre a Ercolano, monete e forse qualche gioiello. Un piccolo tesoro che forse si era portato dietro in questa fuga contro il tempo. Il suo corpo monco dei piedi e fatto di ossa dal colore più chiari è circondato da pezzi di legno ancora vivo.
Proprio questi legni, oltre 150, contribuiscono a dare indicazioni sulla violenza dell’eruzione. Provengono dalla città superiore e forse sono travi o pezzi delle abitazioni. A cui si uniscono frammenti di iscrizione provenienti dal superiore tempio di Venere.
Tra gli altri il professore Camardo, archeologo della Herculaneum Conservation Project racconta come è rimasto colpito dall’aver trovato un grosso pezzo di legno di abete dalle misure di 10, 50 m. Probabilmente parte di una impalcatura di un’abitazione in restauro
La preziosità della scoperta è legata certo al fatto che l’equipe di archeologi, antropologi, vulcanologi uniti in questo scavo hanno a che fare con un corpo bloccato al 79 d. C. da vivo. Un corpo che riserva la possibilità di acquisire dati su particolari preziosi dell’eruzione, della vita di Ercolano del passato con dettagli interessanti collegati al contesto. Nuovi dati sulla sua storia emergeranno dopo che questo corpo verrà portato via, nei prossimi giorni, completate le indagini in logo, usando anche laser scanner e rilievi fotogrammatici. Il corpo verrà staccato con tutto il pane di cenere in cui è inserito, verrà scomposto in tutte e sue ossa per analisi. Sui reperti osteologici ed organici rinvenuti verranno effettuati rilievi laser scanner a luce strutturata integrati a rilievi fotogrammetrici per la restituzione realistica tridimensionale dei reperti di cui sia garantita la precisione submillimetrica e fotorealistica della restituzione. In loco verrà poi rimesso una copia tridimensionale dello scheletro.
Il professore Pier Paolo Petrone studierà il corpo ritrovato nei dettagli, arrivando a studiare anche il dna, elemento già sondato per altri corpi trovati sulla spiaggia. Qui ci racconta l’eccezionalità della scoperta.
Il progetto è reso possibile con un finanziamento del MiC (Fondi FSC) nell’ambito delle attività sul territorio della cosiddetta buffer zone UNESCO promosso dall’Unità Grande Pompei. Fondamentale il supporto del Packard Humanities Institute, che ha anche donato il progetto di sistemazione complessiva dell’area di antica spiaggia. L’obiettivo dell’intervento, infatti è con una rete di tubi drenanti rendere fruibile la spiaggia e riproporla come era un tempo.
Dal vivo è tutto molto coinvolgente. I circa venti metri di tufo che bloccano la spiaggia, il corpo trovato in un piccolo spazio del ‘muro di pietra’, la cura di uno scavo che profondamente ha a che fare con l’umano.
Il video della presentazione del direttore Francesco Sirano, in diretta, prova a fare passare l’emozione di una scoperta anche se, a causa del segnale, non è molto chiaro.
Tra gli archeologi Ivan Varriale che ha curato lo scavo per la Lucci Salvatore impresa di costruzioni S.r.la, ci racconta dettagli e la sua esperienza.