Oggi leggevo, en passant, che la supermodella Naomi Campbell, la Venere Nera, come veniva chiamata, è diventata madre a 51 anni: ha dovuto sottolineare che la bambina non è stata adottata ma che l’ha partorita lei e posso comprenderne il motivo.
Ho 43 anni e sono alla mia terza gravidanza: in effetti non avrei mai pensato qualche anno fa di poter avere ancora il desiderio di diventare madre, conoscendone i rischi sia per me che per il nascituro. Ma c’è un celebre dottore nocerino che mi ha sempre ammonito con la frase saggia ” mai dire mai“.
La società impone ritmi lavorativi spesso forsennati a cui si aggiungono quelli biologici, ancor più inesorabili: ma quando provi per breve tempo ad avere un figlio alla mia età e ci riesci praticamente subito non puoi che esserne felice, sconvolta e riconoscente allo stesso tempo.
Comincia allora il calvario degli occhi scettici di medici e profani: qualche donnina infelice ti sussurra che non vorrebbe trovarsi al tuo posto ( ma chi te l’ha chiesto? ), una dottoressa dall’aria frustrata, in ospedale, ti consiglia tra le righe di abortire, un ginecologo avido di danaro ti pone davanti una visione catastrofica sull’insuccesso finale, sulla possibilità di partorire un figlio geneticamente malato, qualche altro genio ti prospetta un futuro orribile, fatto di pianti, pannolini sporchi e problemi irrisolvibili quando già eri fuori dal tunnel con due figli ormai autonomi e adolescenti.
Gli schemi sociali, le etichette, sono un male inestirpabile e a me è sempre piaciuto scardinare le convenzioni e i pensieri gretti della massa.
Naomi Campbell e tantissime altre madri attempate, termine che odio, alle prese con una gravidanza geriatrica ( quest’altro l’ho scoperto adesso ), devono combattere prima contro i giudizi gratuiti altrui e solo dopo contro le proprie ansie, paure, paranoie.
Ma il coraggio, l’amore, il desiderio di dare alla luce un figlio cos’hanno da spartire con le statistiche da terrore, le idee della gente insulsa e i medici interessati solo ai soldi?
Un bel niente.
Siamo consapevoli di ciò che dovremo affrontare prima, durante e dopo, di sicuro un figlio non capita, anzi lo si cerca ardentemente perché è l’unica occasione in cui un essere umano può somigliare un po’ a Dio, avvicinarsi alla perfezione e all’armonia con il creato.
La potenza del parto, l’amore di una madre, la gioia di una nonna, le lacrime di una zia, l’appoggio di un fratello e di una sorella: tutto ciò fa passare in secondo ed ultimo piano ogni dubbio e qualsiasi apprensione, figuriamoci i luoghi comuni e i pareri non richiesti.
Oggi sono una donna matura, autonoma economicamente, madre fiera dei propri figli e di un coniuge presente e consapevole: il mio, quindi, è un invito rivolto a tutte le donne incinte o che vogliono avere un figlio e non sono più ventenni o trentenni, a non dare troppa retta a coloro che fanno solo da cornice alla propria vita e ad avere il coraggio di pensare in modo positivo.
Le donne sono il motore del mondo, l’ho sempre pensato e sperimentato, possiamo fare tutto se ragioniamo con la nostra testa e lottiamo per i nostri sogni.
Annalisa Capaldo