Il presidente russo aveva informazioni (errate) sull’atteggiamento dell’apparato militare ucraino: ha tentato il “Blitzkrieg”, la guerra lampo, perché era convinto che l’esercito di Kiev lo avrebbe accolto come un salvatore, e avrebbe subito deposto Zelensky. E invece l’ex comico è ancora lì che twitta, si prende la scena, chiama tutti, e lo accusa di crimini di guerra. Ovviamente l’ordine di allertare il sistema difensivo nucleare è tutta scena: neanche un mattacchione come Putin può pensare di lanciare una bomba atomica e fare una carneficina di massa.
Vladimir Putin è rimasto molto deluso da Xi Jinping e dall’astensione della Cina al consiglio di sicurezza dell’ONU sulla risoluzione contro l’invasione russa dell’Ucraina. I due sinceri democratici si erano incontrati alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Pechino, ma non si erano messi d’accordo sui passi successivi da compiere.
Poi, come scrive Lorenzo Lamperti oggi sulla “Stampa”, i due avranno anche in comune l’odio per gli Stati Uniti, ma le loro strategie divergono: “Putin cerca di ricreare l’antica sfera d’influenza sovietica con metodi sempre più imperiali e intransigenti. Xi Jinping ha fatto del pragmatismo e della ramificazione globale dei tentacoli commerciali, finanziari e diplomatici cinesi il suo marchio di fabbrica. Interconnessioni arrivate anche in Ucraina. Nella prospettiva cinese, Kiev rappresenta la porta d’ingresso della Belt and Road in Europa”
Putin non credeva ai suoi occhi quando ha visto il sito web del Cremlino e le altre piattaforme governative down. Già, anche l’attacco hacker di Anonymous non è passato inosservato. Anzi, ha fatto molto male al presidente, che in questi anni ha giocato a fare il cyber bulletto. Come se non bastasse, ieri sera i pirati informatici sono riusciti a penetrare in tutte le tv russe. Chi accendeva la televisione vedeva solo canzoni ucraine, al posto dei soliti programmi. Il sospetto (manco troppo velato) è che dietro ci sia la manona della CIA: l’America non può intervenire “boots on the ground”, ma può colpire e fare male.
L’esclusione della Russia dal sistema di pagamenti SWIFT è un’altra mazzata per il Cremlino. Anche se sarà in versione “chirurgica”, e la compravendita di gas non sarà – come pare – inclusa nel bando, la misura mette in ginocchio gli oligarchi come Abramovich, Bazhav & company, che non potranno nemmeno fare il pieno di benzina ai loro jet o ai loro yacht. Le dure sanzioni occidentali rischiano inoltre di fomentare il dissenso interno. La Russia ha enormi sacche di povertà, gli stipendi sono da fame, e la narrazione militarista del presidente inizia a stancare. Soprattutto dopo l’avventura in Ucraina, paese dove molti russi hanno parenti o amici.
Le piazze piene di tutto il mondo che gridavano no alla guerra devono essere sembrate una premonizione per Putin: per ora, riesce a contenere la protesta a suon di arresti, ma presto la maggioranza della popolazione potrebbe volere – e ottenere – la sua testa. Magari con l’assenso di qualche alto dirigente del Cremlino.
L’entourage del presidente non è più omogeneo come una volta: alcuni stanno facendo grosse pressioni per convincerlo a trattare e chiuderla qui. Tra loro ci sarebbe anche il fedele portavoce Dmitry Peskov. Chissà cos’ha pensato quando ha visto la figlia, Katerina Peskova, che su Instagram pubblicava un cuore con la bandiera ucraina.