Un popolo variegato di associazioni, cooperative sociali, del mondo del volontariato dalla Lombardia alla Sicilia protagonisti della trasformazione da beni di cosa nostra ed esclusivi a beni comuni e condivisi. In occasione dell’anniversario della legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie, Libera ha censito le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati.
Sono 947 soggetti diversi impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalita’ organizzata, ottenuti in concessione dagli Enti locali, in ben 18 regioni su 20, in piu’ di 350 comuni. Il 15% pari a 138 realta’ associative si trovano in Campania. Nella ricerca Libera ha ricostruito la tipologia di immobili gestiti dai soggetti gestori in Campania ; in molti casi la singola esperienza di riutilizzo comprende piu’ beni confiscati, anche di tipologia catastale diversa. Il 40% riguarda appartamenti, abitazioni indipendenti, immobili; il 26% ville, fabbricati su piu’ livelli e di varia tipologia catastale, palazzine; il 18% terreni agricoli, edificabili e di altra tipologia (anche con pertinenze immobiliari); il 8% locali commerciali o industriali, capannoni, magazzini, locali di deposito, negozio, bottega, uffici e il 6% complesso immobiliare Libera con la ricerca “Fattiperbene” le pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati vuole raccontare, dopo ventisei anni, una nuova Italia, che si e’ trasformata nel segno evidente di una comunita’ alternativa a quelle mafiose, che immagina e realizza un nuovo modello di sviluppo territoriale. Complessivamente secondo i dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita’ organizzata (al 25 febbraio 2022) In Campania sono 3007 i beni immobili (particelle catastali) destinati ai sensi del Codice antimafia e sono invece in totale 3575 gli immobili ancora in gestione ed in attesa di essere destinati. Sono invece 1317 le aziende confiscate e destinate mentre sono 700 quelle ancora in gestione. Inoltre, secondo la Relazione Ministero della Giustizia al 30 giugno 2021, i procedimenti relativi alle misure di prevenzione patrimoniali, inseriti in Banca dati centrale (Bdc) sin dal 1997, risultano essere 10.500, con un incremento di 498 unita’ rispetto ai 10.002 rilevati al 30 giugno 2020. I dati evidenziano la prevalenza di procedimenti iscritti da uffici appartenenti all’area meridionale cui – negli anni 2019/2021 – appare riconducibile il 44% dei 1.194 procedimenti rilevati a livello nazionale. Scendendo piu’ nel dettaglio in merito alla distribuzione geografica degli uffici procedenti, puo’ segnalarsi come nel triennio 2019-2021 siano stati iscritti 246 nuovi procedimenti in Sicilia, 218 in Calabria, 184 in Campania. Rilevanti anche le iscrizioni in Lombardia (115), in Puglia (86) ed in Piemonte (74). I distretti giudiziari di Reggio Calabria (166), Napoli (164) e Palermo (152) risultano quelli con il numero maggiore di nuovi procedimenti iscritti nel triennio. “Dal 7 marzo del 1996 – commenta Libera- la restituzione alla collettivita’ delle ricchezze e dei patrimoni sottratti alle organizzazioni criminali e’ diventata un’opportunita’ di impegno responsabile per il bene comune. La dimensione etica dei percorsi scaturiti dalle esperienze di riutilizzo per finalita’ sociali si trova, infatti, nella corresponsabilita’ che ha trasformato quei beni da esclusivi a beni comuni e condivisi. Raccontare quello che avviene ogni giorno sui beni confiscati alle mafie vuol dire raccontare il cambiamento che giorno dopo giorno si costruisce, con l’obiettivo di dare vita a nuove pratiche di economia e di sviluppo sostenibile”.