Io tremo già al pensiero della fine che farà il povero Lev Tolstoj, russo e ardimentoso autore di Guerra e Pace e dunque due volte colpevole: primo perché russo, secondo perché è ovvio che siamo davanti a un fiancheggiatore di Putin, sennò il suo romanzo lo avrebbe chiamato “Fate la Pace non fate la guerra” (maiuscole e minuscole scritte esattamente così). In realtà mi aspetto a breve una sua epurazione, operata da qualche revisionista dell’ignoranza, pronto a esaltare Gogol’ e i suoi cappotti di fattura ucraina e buttare sotto un treno, ovviamente russo, Anna Karenina.
Seriamente, il passo indietro compiuto dall’università della Bicocca circa il ciclo di lezioni su Dostoevskij inizialmente sospeso, poi ripristinato spiegando che si stava temporeggiando per inserire nel seminario pure un paio di autori ucraini, non è altro che una lampante conseguenza dell’idiozia culturale per cui siamo sempre pronti a “buttare il bambino con l’acqua sporca”, e pazienza se così facendo buttiamo il bambino, l’importante è avere mani e coscienza pulite.
È solo in questo modo, con questa prassi massimalista e pilatesca, che si spiegano iniziative che spuntano come funghi in ogni dove e che colpiscono indiscriminatamente il popolo russo dimenticando che quel popolo non ha scelto la guerra, quel popolo non ha potuto partecipare a libere elezioni, quel popolo rischia la pelle se solo osa dissentire dalle decisioni del suo dittatore. Il popolo russo non è un fiancheggiatore di Vladimir Putin, non lo sono i calciatori della nazionale esclusi dai mondiali di calcio, non lo sono i tennisti e le tenniste esclusi da Coppa Davis e Billie Jean Cup, non lo sono gli artisti ostracizzati dai teatri di mezzo mondo. Colpire Putin non dovrebbe essere sinonimo di colpire indiscriminatamente la popolazione del paese di cui si è autonominato signore e padrone. Altrimenti, pur senza armi, la logica che si applica è la medesima dei bombardamenti in corso in Ucraina: ‘ndo cojo cojo e sticazzi se cojo male”. Perché per noi che viviamo in democrazia è semplice pensare alla ribellione, ma basterebbe fare due chiacchiere con qualche nonno preso a manganellate dai fascisti (storia recente eh, mica sto a parla’ del mesozoico) per capire che l’esercizio dell’eroismo non è per tutti ma solo per alcuni. E quindi che facciamo? Continuiamo a inneggiare alla rivolta standocene belli comodi con le chiappe appoggiate al divano della democrazia o proviamo a capire che in una guerra scatenata da un dittatore le vittime sono da ambo le parti? No perché io, sinceramente, ci terrei a poter continuare a leggere Tolstoj e sono sinceramente preoccupata di ritrovarmelo in una nuova versione riveduta e corretta di “Peace & Love”.