«Dopo quello che è accaduto con la pandemia, riprendere è sempre bellissimo e sono felice che qui a Giffoni ci sia stato un grande afflusso di gente». Un fiume in piena quello di Giancarlo Antognoni, incalzato dalle domande dei Giffoner in Sala Blu all’interno del format “Lete porta lo Sport al Giffoni”, creato da Acqua Lete in collaborazione con FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio), FIS (Federazione Italiana Scherma) e FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali). Il campione del mondo con la nazionale italiana nel 1982 e bandiera della Fiorentina tra gli anni Settanta e Ottanta, ha incontrato ragazze e ragazzi nella sezione Impact del Giffoni Film Festival.
«Bisogna avere valori nella vita e crederci. A Firenze ho scelto io di rimanerci e oggi non mi pento. Oggi tutti mi riconoscono, mi salutano con grande affetto e mi fanno la festa. Non ho vinto nulla alla Fiorentina, ma ho ricevuto il cuore e sono stato trattato nel modo migliore – ha detto alla platea dell’Impact – Fare sport è salutare, fare calcio per chi è appassionato è fondamentale, non bisogna pensare di diventare Maradona, Zico o Pelè. Già conta molto praticare e questo è un insegnamento che va dato ai giovani. I valori dello sport travalicano lo sport stesso e si inseriscono nella esistenza dei piccoli. Fargli fare sport serve ad allenare e migliorare il fisico ma anche la mente. La cosa principale poi è comunicare con i compagni, in una squadra come nella vita di tutti i giorni. Oggi i social e i telefonini non permettono una comunicazione vis-à-vis».
Durante l’incontro, il campione del mondo ha ricevuto l’Impact Award per i suoi meriti sportivi e umani, dentro e fuori dal campo: «Emozionante ricevere questo premio dalle mani dei giovani – ha detto commosso – Ragazzi che nemmeno mi hanno visto giocare, anche se oggi su YouTube trovi tutto sulla mia carriera e su ciò che ho fatto. Ci tenevo a ricevere questo riconoscimento da loro che sono il futuro. Bisogna dargli credito e spazio nel modo migliore».
E poi un piccolo consiglio ai giovanissimi calciatori delle scuole calcio “Giffoni Salvatore Anselmo” e “Virtus Junior Giffoni” che ha incontrato in Sala Verde: «Per fare sport a livello elevato ci vuole sacrificio, passione e rinunciare a certe cose, anche se è difficile fare rinunce a 15 anni».
Centrocampista dotato di classe ed eleganza, Antognoni fa il suo esordio in serie A a 18 anni nel 1972. Il giorno dopo il giornalista Vladimiro Caminiti lo definirà “l’uomo che gioca guardando le stelle”, poiché tende ad alzare lo sguardo in alto durante la partita. Nel suo percorso calcistico conosce momenti felici (con i Viola vince la Coppa Italia, la Coppa di Lega italo-inglese, sfiora uno storico Scudetto nel 1981/82) e momenti tragici come l’incidente durante il quale rischia di perdere la vita dopo uno scontro in campo con il portiere del Genoa, Silvano Martina. Viene aperta un’inchiesta, ma Antognoni rivela un’incredibile sportività, scagionando l’estremo difensore. In Coppa del Mondo ‘82, Enzo Bearzot gli ritaglia un ruolo da regista. Perfetta sarà la prestazione contro il Brasile: suo il goal del 4-2 per l’Italia, ingiustamente annullato dall’arbitro. E sarà lo stesso Antognoni, dopo qualche anno, a tenere a battesimo in Serie A un giovanissimo Roberto Baggio appena arrivato alla Fiorentina. Nel 2014, per il suo 60° compleanno, Firenze gli consegna le chiavi della città. Nel 2018 la FIGC inserisce il suo nome nella Hall of Fame del calcio italiano.