Si è messo in macchina, non è voluto mancare all’appuntamento per l’ultimo saluto a Ninì Sellitti. Dopo anni di assenza, a Nocera si è rivisto Carmelo Conte, anni 83 ma ancora tanta lucidità di pensiero, politico e non. E’ passato per la camera ardente a Palazzo di Città, poi si è fermato qualche minuto per la messa funebre a Santa Monica. Diversissimi tra loro erano Sellitti e Conte. Eppure hanno fatto parte assieme di quel partito socialista che in provincia di Salerno e nell’Agro, a partire dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso, riuscì a infastidire e in diversi casi a scalzare la Balena Bianca, cioè la Dc, dai posti di comando e di potere.
Con Conte cominciò l’acquisizione di democristiani: arrivarono tra le fila del Garofano Realfonso (poi sindaca) e Barba. Cominciò una battaglia notevole (i comunisti scivolarono in secondo piano), i mezzi d’informazione locale dell’epoca filo Dc paragonavano addirittura Conte al diavolo, venuto a portare scompiglio nell’Eden democristiano. Quella stagione riportò in auge Sellitti – ripetiamo completamente diverso da Conte- ma soprattutto innalzò di livello anche la buonanima di Enzo Casalino, che arrivò trionfando in Regione. I consiglieri comunali socialisti nocerini era in maggioranza contiani, sia pure con sfumature diverse. In molti si sono ritrovati oggi, C’erano una volta Antonio Casalino, Nicola Padovano, Franco Caso (fu pure lui sindaco), Franco Peta, Peppe Avellino, Enrico D’Angelo, Gerardo Maccauro buonanima (sempre dissidente) e andando a ritroso Aldo Torre, i fratelli Chirico e Alfonso Desiderio (andati via troppo presto), Giovanni Nicolini e altri ancora. All’epoca delle preferenze (4 se ne potevano dare tre alle comunali), qualcuno si inventò la quaterna con 5 numeri (tre fissi, il quarto girava a turno col quinto). Conte era il dominus, a Tempestini e Curci restavano le briciole (ne sa qualcosa Giovanni Fasolino). Altri tempi, spazzati via dalla cosiddetta seconda Repubblica, che ha visto Conte ragionare e scrivere di politica, allevare i due figli d’arte (Federico parlamentare Leu, Emmanuel assessore a Milano con Sala) e persino un nipote d’arte (il sindaco di Eboli Mario). Ne ha fatta di strada il ragazzo di Piaggine, uno che nemmeno De Luca scalfiva. C’era poco tempo oggi per chiedergli cosa rimane di quei “garofani” e se un giorno sarà possibile una vera “rifioritura” (il Psi odierno di Maraio onestamente sembra uscito da una serra artificiale).