Mi piacciono le gocce di rugiada, perché seppur spariscano con i primi raggi di sole, hanno il tempo di godere per qualche istante del suo calore, quello meno fastidioso. Mi piacciono le forme geometriche, perché nonostante non rappresentino qualcosa di specifico, posseggono un’identità ben delineata, un profilo che non ammette sbavature. Amo l’alfabeto perché comincia sempre con la lettera “A” e finisce sempre con la “Z”, e in questo ci vedo qualcosa di rassicurante. Trovo gradevole la luna, perché seppur mostri sempre la stessa faccia, non ha scelto di svelare di certo quella migliore e, inoltre, splende di luce riflessa ma nonostante ciò, è la sola capace di illuminare l’oscurità. Amo i girasoli, seppur fiori; in realtà li invidio, perché sanno sempre da che lato guardare a differenza di molte persone, me compreso, che spesso non intuiscono da che lato andare. Adoro i treni in ritardo, perché nell’immaginario collettivo, i treni, rappresentano un “addio”, ma quando sono in ritardo sono “addii” che si prendono del tempo per ripensarci. “Addii” che si prendono una pausa.
Non amo i numeri periodici, perché ci sono un’infinità di probabilità che non finiscano mai e tutto, credo, debba avere un giusto epilogo. Non amo in particolare i fiori, perché seppur colorati, spesso vengono usati per celebrare chi se n’è andato e non chi è rimasto. Non mi piacciono le porte scorrevoli, quelle elettroniche, perché seppur ci tolgano il fastidio di abbassare una maniglia, non ci permettono di scegliere quando aprirla. Detesto gli armadi vuoti, perché raccontano di storie d’amore che sarebbero potute nascere e che non sono mai sbocciate. Non mi piacciono le foto digitali, perché non sono istanti rubati alla normalità, ma normalità surrogata e ricreata di istanti contraffatti. Non idolatro gli attori, perché raccontano la storia di qualcun altro, i sentimenti di qualcun altro, le paure di qualcun altro. Ad essi preferisco i registi che, seppur restando nella penombra, provano a spiegare e raccontare se stessi. Ma non amo, né odio qualcosa in maniera assoluta, perché a tutto bisognerebbe concedere una seconda occasione.