Alcuni decenni dopo la seconda guerra mondiale, in Europa si sviluppò l’idea che la religione islamica si sarebbe ridotta a un semplice culto privato. Nel corso del XIX secolo, infatti, e fino alla seconda guerra mondiale, la maggioranza de paesi musulmani perdono la propria indipendenza per trasformarsi in protettorati affidati dalla Società delle Nazioni a una potenza straniera. Pertanto, alla Francia è assegnata l’Africa del Nord, cui poi si aggiungeranno il mandato sulla Siria e il Libano; la Libia all’Italia; l’Egitto, la Palestina, la Giordania, l’Iraq e la Penisola Arabica sono sottomessi all’influenza inglese a diversi livelli; l’Indonesia all’Olanda e altro. Per l’Islam è una catastrofe di una gravità paragonabile solamente all’espansione dei crociati che, nel medioevo, ha rischiato di annullare la potenza musulmana.
Il terremoto mentale prodotto dalla colonizzazione europea ha avuto come conseguenza una fioritura di iniziative intellettuali, che si sono sforzate di comprenderne le cause, e di realizzare delle riforme capaci di far uscire i musulmani dalla dominazione straniera. Nascono parallelamente diversi tipi di comportamento: alcuni favoriscono il ripiegamento in sé, considerando l’invasione europea come un castigo di Dio, da cui si potrà trovare scampo solo attraverso un approfondimento della fede. Questa sarà la via indicata dalle diverse confraternite mistiche. Altre correnti mettono in causa la tradizione scolastica dell’Islam medievale, e cercano la salvezza in un ritorno alle fonti, allo spirito degli “antenati” (in arabo salaf): è la salafiyya, o riformismo musulmano, resa illustre principalmente da tre grandi nomi, il persiano Afgani, che si stabilì al Cairo nel 1879, il suo discepolo egiziano Abduh, morto nel 1905, e il siriano Rida. La diffusa incapacità degli osservatori occidentali a comprendere che dietro gli agitatori o i militanti con i quali si scontravano, c’era un retroterra che, pur sembrando passivo poiché profondamente religioso, non per questo era meno interessato alle scadenze di carattere politico, indusse a pensare che l’Islam nel XX secolo scomparisse progressivamente dalla scena. In realtà, alla fine degli anni Venti, nel mondo musulmano sotto la dominazione coloniale europea, nascono, a fianco dei partiti che rivendicavano l’indipendenza ispirandosi agli ideali laici importati dall’Occidente, alcuni movimenti che cercano in un Islam riconsiderato l’ispirazione di un’emancipazione che non sia soltanto politica, ma anche realizzazione umana nella sua pienezza religiosa. Si formano in quel momento due associazioni che costruiranno le matrici di molti gruppi islamici di oggi: l’associazione dei Fratelli musulmani (jama’at al-Ikhwan al-muslimin), fondata in Egitto nel 1928 da Hassan el Banna, e l’associazione per la propaganda della fede (tablighi jama’at), più conosciuta sotto il nome di tabligh, fondata in India nel 1927 da un letterato musulmano, Mawlana Muhammad Ilyas.
La rinascita in forza dell’Islam nei paesi musulmani, ma anche su scala mondiale, inizia a partire negli anni Settanta. Infatti, a metà degli anni Settanta non c’è paese musulmano che non sia stato toccato da ondate di contestazione sociopolitica che utilizza ormai il linguaggio dell’Islam. L’Egitto di Sadat è preso particolarmente di mira con parecchi movimenti, l’ultimo dei quali, detto “jihad”, è riuscito ad assassinare il presidente. Il suo principale ideologo, l’elettricista Abdessalam Faraj, è un prodotto tipico del sistema educativo di massa degli anni Sessanta e Settanta: alfabetizzato e insofferente del suo stato, egli legge da solo, senza la mediazione degli Ulema (titolo attribuito ai teologi e ai giureconsulti, depositari della legge religiosa dell’Islam), i testi della tradizione islamica che gli sembrano contenere la giustificazione della rivolta contro l’ordine stabilito, di un jihad che rovescerà il regime di Sadat. La nozione di jihad è centrale per la maggior parte dei movimenti che combattono il potere politico in nome dell’Islam; essi sono stati galvanizzati dalla vittoria della “rivoluzione islamica” in Iran nel 1979 dall’Ayatollah Ruhollah Khomeini, che istituisce la Repubblica Islamica, creando il primo Stato islamico fondamentalista dell’epoca contemporanea. Questo evento diede la sensazione che il trionfo dell’Islam sulla terra non fosse più un’utopia, ma potesse divenire una realtà concreta. Come i francesi nel 1789 o i russi nel 1917, gli iraniani del 1979 hanno pensato che la loro rivoluzione dovesse estendersi al mondo intero, ritrovando in questo modo una delle maggiori componenti del messaggio islamico, che ha la vocazione a convertire la totalità della specie umana. Anche se questo desiderio non si è realizzato dappertutto, ha dato comunque luogo a violenze e sconvolgimenti politici. Per noi europei tutte le manifestazioni contemporanee attribuite all’Islam, sia azioni terroristiche sia atti di pietà, si mescolano in una percezione confusa e globalmente inquietante. Istintivamente siamo propensi a qualificare questi episodi come manifestazioni di fanatismo, senza cercare di comprendere la vera natura di questi orribili eventi.
Tuttavia, anche se noi non desideriamo troppo interrogarci sull’Islam di oggi, è l’Islam stesso che viene a porci degli interrogativi a casa nostra. Nei paesi industrializzati dell’Europa occidentale sono ormai stanziati milioni di musulmani. Moschee sono state costruite ovunque, da Londra a Berlino, da Roma a Madrid. Oggi, oltre alla molteplicità delle sue interpretazioni e i metodi che attuano alcuni gruppi islamici radicali, l’Islam serve da parola d’ordine comune a una serie di rivendicazioni portate avanti da una massa umana tanto considerevole quanto sfruttata e impoverita. L’Islam, per terminare, è da quindici secoli una parte fondamentale della storia, della cultura e della civiltà di oltre un miliardo di credenti. In questo senso, è un fenomeno complesso che non si può ridurre a qualche preconcetto contemporaneo. Perciò, una presentazione generale dell’Islam dei giorni nostri non può astenersi dal mettere in prospettiva certe particolarità della sua storia sacra e profana.