Che cos’è la poesia e quando una persona si può definire, a ragione, un poeta? Le teorie e gli studi in merito sono molteplici e certo non basterebbe un articolo (forse neanche un libro) per dipanare la questione. Affidandoci, però, alla sintesi di alcuni grandi del secolo scorso, possiamo avvicinarci a un profilo. Per Giuseppe Ungaretti “si fa poesia non pensandoci, perché occorre farla ed è tale quando porta in sé un segreto”. Andrea Zanzotto amplia le aspettative: “Nel momento stesso in cui si genera, in qualche modo, accresce la realtà”. Mentre Sandro Penna si è spesso riferito a un altro maestro come Gabriele D’Annunzio: “Lui diceva che i versi sono nell’aria e il poeta li deve solo cercare. Insomma, i poeti veri non devono avere coscienza”.
La sua passione, però, è sempre stata la scrittura: «Per i poeti ci sono due maestri: i sentimenti interiori e le difficoltà quotidiane: tutti e due mi hanno dato del “tu” sin da piccolo» spiega, convinto che l’arte faccia parte della natura umana. Inizialmente proponeva foglietti con le sue poesie scritte in Urdu, Saraiki e Punjabi, ma sotto il sole cocente del Belpaese è scattato il colpo di fulmine per la lingua italiana. Ha frequentato l’Università per Stranieri di Perugia ma, senza borsa di studio, ha dovuto rinunciare al sogno della laurea. Umeed, però, disconosce il verbo “arrendersi”, tanto che, macinando chilometri con penna e quaderno, ha continuato a studiare da autodidatta i suoni, le metafore, i vocaboli sino a scrivere versi direttamente nella lingua italiana che definisce «come il mare: più ti allontani e più diventa profonda e alta».
Tanti hanno riconosciuto il talento dell’“acrobata delle parole”, altrettanti personaggi dello spettacolo e politici lo hanno illuso con false promesse, spesso è stato abbandonato al suo destino, ma niente ha mai annichilito la sua ostinatezza. L’affermazione per le sue poesie intrise di amore, angoscia, solitudine, umanità e ricchezza interiore è arrivata grazie all’incontro con l’editore Morlacchi che, nel giro di un mese, ha deciso di pubblicare la sua prima raccolta, Bilancio interiore. Vendute 10 mila copie, ha pubblicato un altro libro, Candela dei sentimenti, che simboleggia la fiamma spirituale riaccesa dopo aver attraversato le tenebre. È stato tradotto in inglese, tedesco e spagnolo e, da circa 9 anni, si divide tra la promozione in giro per locali e la partecipazione a festival letterari: così, Umeed, conosciuto come “il poeta pakistano”, è arrivato ad essere il protagonista di una tesi discussa a Palermo e ad essere apprezzato persino all’Università della Pennsylvania.
«Con un verso di poche parole riesco a manifestare sentimenti e concetti che, altrimenti, terrei chiusi nel petto. La poesia, a mio parere, dona la capacità di scrutare la società con gli occhi dell’empatia, comprendendo e condividendo gioie e sofferenze degli altri» afferma accennando sempre un sorriso, nonostante la vita per lui non sia mai stati semplice. Tuttora non ha una fissa dimora, continua a vivere in uno stato d’indigenza, in quanto, nel 2019, è stato colpito da un infarto e le sue condizioni di salute non gli permettono di affaticarsi con altri lavori. «Non appena vendo qualche copia spedisco i soldi alla mia famiglia rimasta in Pakistan. Poterli mantenere con l’arte, per me, è grandioso. Non mi lamento mai, anche perché ho conosciuto tante persone che soffrono più di me, nonostante siano benestanti. La ricchezza dà la possibilità di vivere dignitosamente ma non dona serenità interiore, solo felicità momentanea, come quella che provo, per esempio, quando riesco a comprarmi un paio di scarpe».
Apprezzare le piccole cose, infatti, è molto importante per Umeed che, al tempo stesso, non nega il valore dei soldi in quanto «quando li hai, anche altrove, sei come in patria, quando non li hai sei straniero anche nella tua patria». In Italia, Paese dimostratosi subito gentile, si sente integrato ed è sempre grato a tutti coloro che lo stimano. L’unico rammarico è il mancato sostegno degli altri poeti italiani che, talvolta, lo reputano lo “straniero” pronto a rubare il palcoscenico. «Il pregiudizio è sempre dietro l’angolo» aggiunge ricordando «di recente, a Napoli, sono entrato in un locale per recitare le mie poesie e la barista mi ha bloccato dicendomi che non dovevo girare tra i tavoli. Per fortuna, una ragazza mi ha riconosciuto subito e mi ha accolto».
Umanità, per Umeed, equivale a guardare tutti nella stessa direzione, senza distinzione di colore di pelle, sesso o religione. Come scrive in una sua poesia, il suo auspicio è quello di riuscire ad “essere altruisti come alberi che soffrono sotto il sole e fanno ombra sugli altri”. Un pensiero profondo come il rapporto con Dio che vive intimamente. «Essere cristiano o musulmano è soltanto una casualità, in parte dipende dal paese in cui nasciamo, – commenta – ma per me la prima religione è proprio l’umanità. Niente potrà mai giustificare il terrorismo o la cultura arcaica che sottomette e priva le donne dei diritti e, a volte, addirittura della vita».
Ritiene quanto sta accadendo in Afghanistan qualcosa di aberrante che condanna perché disumano e troppo distante dalla sua concezione di religione. «Purtroppo non si può negare l’esistenza di questi scellerati, ma non bisogna generalizzare, l’Islam è anche fratellanza, per me è salvezza» conclude confidando la speranza, racchiusa anche nel significato del suo nome, di potersi permettere una casa e ricongiungersi presto con sua moglie e i suoi tre figli in Italia. Dove «indosso sempre un vestito pulito, anche se è strappato come i miei desideri». ( fonte RollingStone Italia)
*Per presentare o acquistare i libri di Umeed Alì, telefonare a 3480040503 si può scrivere a umeedpoeta@libero.it