L’iscrizione nucerina più rilevante del primo secolo d.C. è sicuramente CIL X 1081=AE 1974, 284, che fu rinvenuta su un monumento con base marmorea e bassorilievi. L’iscrizione sul monumento, conservata a Napoli nel Museo Nazionale, attesta la presenza del Prefetto dei fabbri Marcus Virtius Ceraunus, che rivestì anche le cariche di Vvir, IIvir iure dicundo e aediles. Il contenuto dell’iscrizione, come è stato posto esattamente in luce da F. A. Pellicano nel 1826, ci rivela anche altri particolari di questo importante personaggio della vita pubblica di Nuceria. Il monumento funerario, infatti, fu dedicato a Marcus Virtius Ceraunus dai decurioni di Nuceria che, riconoscenti per la libertà da lui dimostrata nei confronti della cittadinanza, per aver fatto costruire una statua di un grande cavallo, e per aver elargito denaro a tutti i cittadini il giorno dell’inaugurazione della statua equestre, lo esoneravano dal pagamento della summa honoraria nel momento in cui fu investito della massima magistratura cittadina. Ecco, dunque, l’iscrizione nella sua versione completa:
M(ARCO) VIRTIO M(ARCI) F(ILIO) MEN(ENIA)
CERAUNO AEDILI IIVIR(O) IURE
DICUNDO PRAEFECTO FABRUM V VIR(O)
CUI DECURIONES OB MUNIFICENTIAM
EIUS QUOD EQUOM MAGNUM POSUERAT
ET DENARIOS POPULO DEDICATIONE EIUS
DEDERAT DUUMVIRATUM GRATUITUM
DEDERUNT NUCERIAE
Molto interessanti, inoltre, sono anche le sculture ad alto rilievo che ornano il monumento perché ci presentano anche un’idea nuova degli usi dei duoviri nelle colonie romane. Si notano, infatti, due lunghe verghe insieme a un fascetto, sempre di verghe, tenuto insieme da un nastro avvolto al centro, e tenute in mano dallo stesso duoviro. Le due lunghe verghe, tenute, oltre il fascetto senza scure, nella mano sinistra, e non portate sulla spalla ci mostrano le vere insegne del duovirato, ma possono essere addirittura le pertiche coloniali. Sotto l’iscrizione vi è la sella curulis, con piedi retti e senza braccioli, abbellita nel sedile da un ricco fregio a rosoni e rabeschi, che dovevano essere d’avorio poiché i duoviri delle colonie imitavano in tutto i consoli di Roma. Infine, a sorreggere l’intera iscrizione, uno con il braccio sinistro, l’altro con il destro, tenendo il braccio opposto angolato sul fianco, ci sono due figure ritte in piedi con abito barbari.
Già, ma chi era il Prefetto dei fabbri? Come chiarisce Vegezio Flavio nel suo De re militari, Libro II, cap. 11: “De officio praefecti fabrorum. Habet praeterea legio fabros tignarios structores carpentarios ferrarios, pictores reliquos que artifices ad hibernorum aedificia fabricanda, ad machinas turres ligneas cetera que, quibus vel expugnantur aduersariorum civitates vel defenduntur propriae, praeparatos, qui arma vehicula cetera que genera tormentorum vel nova facerent vel quassata repararent. Habebant etiam fabricas scutarias loricarias arcuarias, in quibus sagittae missibilia cassides omnia que armorum genera formabantur. Haec enim erat cura praecipua, ut quicquid exercitui necessarium videbatur numquam deesset in castris, usque eo, ut etiam cunicularios haberent, qui ad morem Bessorum ducto sub terris cuniculo muris que intra fundamenta perfossis inprovisi emergerent ad urbes hostium capiendas. Horum iudex proprius erat praefectus fabrum”. “De officio praefecti fabrorum. Habet praeterea legio fabros tignarios structores carpentarios ferrarios, pictores reliquos que artifices ad hibernorum aedificia fabricanda, ad machinas turres ligneas cetera que, quibus vel expugnantur aduersariorum civitates vel defenduntur propriae, praeparatos, qui arma vehicula cetera que genera tormentorum vel nova facerent vel quassata repararent. Habebant etiam fabricas scutarias loricarias arcuarias, in quibus sagittae missibilia cassides omnia que armorum genera formabantur. Haec enim erat cura praecipua, ut quicquid exercitui necessarium videbatur numquam deesset in castris, usque eo, ut etiam cunicularios haberent, qui ad morem Bessorum ducto sub terris cuniculo muris que intra fundamenta perfossis inprovisi emergerent ad urbes hostium capiendas. Horum iudex proprius erat praefectus fabrum”, “Dell’ufficio del prefetto de’ fabbri. La legione possiede inoltre architetti, falegnami, muratori, costruttori di carri, fabbri, pittori e altri tecnici che sappiano costruire gli alloggiamenti invernali e le macchine da guerra, torri di legno e altri apparecchi con cui si espugnano le città nemiche o si difendono le proprie, e che siano preparati per fabbricare nuove armi, mezzi di trasporto e altri tipi di macchine o di riparare quelle rotte. Avevano anche officine per gli scudi, per le corazze e per gli archi, nelle quali si forgiavano frecce, armi da lancio, elmi e tutti i tipi di armi. Questa infatti era la loro principale occupazione, che non mancasse nell’accampamento nulla di ciò che sembrava necessario all’esercito. A tal punto che avevano persino minatori, i quali, dopo aver scavato sull’esempio dei Bessi un cunicolo sotterraneo e avere perforato le fondamenta delle mura, spuntavano da sottoterra improvvisamente per prendere le città nemiche. Il responsabile di costoro era appunto il prefetto dei fabbri”.
Ritorniamo adesso a Marcus Virtius Ceraunus. Chi era dunque costui?
La Gens Virtia, molto diffusa soprattutto nell’Italia settentrionale, si era stabilita a Nuceria (più probabilmente in contrada San Marco, tra Nuceria e Stabia) quando Augusto assegna parte del suo vasto territorio a una colonia di veterani. Infatti, nell’unica iscrizione che testimonia la presenza di veterani nel territorio nucerino, troviamo il padre di Virtio, legionario della XIX legione: M(arco) Virtio L(uci) f(ilius)/ Men(enia) patri/veterano legionis/XIX (AE 1974, 283). Come si evince dall’iscrizione marmorea, è certo che come il padre, entrò a far parte dell’esercito romano e, anche se non è comprovabile se ebbe pure incarichi di comando, sicuramente per le sue formidabili capacità in battaglia si meritò il soprannome o cognomen di Cerauno. Infatti, Cerauno (dal latino cerauno e dal greco kerauno) concerne il fulmine, dunque, per essere stato un fulmine in guerra, molto probabilmente vicino alle macchine belliche dell’esercito, Marco Virtio si guadagnò questo soprannome che in seguito divenne un elemento distintivo del suo nome come ad esempio Marco Tullio, detto Cicerone oppure Gaio Cesare Augusto Germanico, detto Caligola, per cui fu inciso anche nel monumento funerario che gli dedicarono i decurioni di Nuceria. I monumenti funerari rinvenuti di questi due personaggi, in conclusione, mostrano l’avvenuta acquisizione di un certo benessere economico di questa famiglia, e che avessero stima e attendibilità nella città di Nuceria.