Alla fine degli anni ’70 avevo siglato una sorta di “patto di sangue” con alcuni dei mie innumerevoli amici. L’adolescenza aveva preso da poco posto nella nostra vita, portando con se una serie di fermenti, interni ed esterni. Quelli interni erano generati pressochè dagli ormoni che erano al loro massimo fulgore. Quelli esterni erano generati dalle contraddizioni del periodo storico: turbolento e innovativo allo stesso momento. Ci arrivavano addosso cose belle e cose brutte: il terrorismo, gli scontri di piazza, le crisi petrolifere con le annesse domeniche senza circolazione di mezzi a motore, la nascita delle radio libere, l’evoluzione musicale e sociale. Questo panorama storico era particolarmente stimolante. Le radio libere prima, e la nascita di MTV poi, sconvolsero il modo di promuovere, ascoltare e scoprire la musica. Le case discografiche promuovevano i loro cavalli di scuderia inviando alle radio libere montagne di dischi con le nuove uscite dei big e dei nuovi artisti emergenti. Poi arrivarono i video musicali in tv con la nascita di MTV e DJ Television e, come disse Trevor Horn dei Buggles “video killed the radio star”, ma questa è un’altra storia.
Da adolescente, il più ricco di noi ragazzi poteva avere in tasca al massimo qualche 100 lire per il fior di fragola o per la colletta per acquistare il super santos. Era impensabile e insostenibile economicamente acquistare il disco del brano preferito che avevi ascoltato sulla radio privata. Almeno per me e qualche altro dei miei amici. Invece c’erano alcuni ragazzi, diciamo più fortunati, che avevano la possibilità di andare dal “discobolo” della città e permettersi financo a 2 LP e un 45 giri. Il famoso detto “facis de necessitate virtutem” fu ispiratore del “patto di sangue” di cui sopra. L’accordo era fondato su due principi fondamentali: 1) chi aveva la possibilità di acquistare i dischi dava la possibilità agli altri di poterseli registrare su cassetta; 2) nessun appartanente alla confratenita, tranne in particolari casi eccezionali, doveva acquistare lo stesso disco. Questo ci permetteva di avere una gamma di artisti e generi musicali diversi: tu mi registri Pino Daniele e io ti registro i Police. Una vera e propria organizzazione di spaccio musicale.
Le radio libere erano il motore principale di tutto questo articolato meccanismo: le novità musicali passavano tutte via etere. In questo contesto, in maniera del tutto fortuita, prese piede un fenomento musicale, nato da uno scherzo radiofonico: alcuni speakers di Radio Antenna Capri annunciarono la reunion dei Beatles per celebrare la partita di caldio tra Napoli e Liverpool. Questo annuncio suscitò un fermento pazzesco alimentando un tam tam tra tutti gli appassionati. L’attesa era spasmodica, le aspettative altissime: tutti sintonizzati per il ritorno dei Beatles. Alle prime note l’entusiasmo prese posto all’attesa, ma….. un momento… c’è qualcosa che non va: la musica era quella dei Beatles, ma i testi no! Nacque così la prima cover band in napoletano dei Fab Four.
Lino d’Alessio (voce e chitarra), Massimo d’Alessio (voce chitarra e batteria), Costantino Iaccarino (voce e basso), Pino De Simone (voce e chitarra), riproponevano i brani del quartetto di Liverpool con grande abilità, accuratezza negli arrangiamenti molto simili agli originali ma con i testi in napoletano, scritti in perfetta assonanza con le canzoni originali. I testi erano fantastici:ironici e poetici allo stesso momento: io sarria n’omm e nient si n’t facc zumpà e lent, ma si po t sbatt nterr arranget.Ottennero un consenso enorme, consenso che generò un contratto discografico per la EMI e la pubblicazione del disco “In Naples 1980/81”: Pepp’ (Help), ‘Nomme e nient’ (Nowere man),Tengo ‘e guaie (Tell me why), Che Guaio Si’ Tu (Please Please Me), Quaccosa ‘e ‘cchiu’ (From Me To You), Si ‘e Llave Tu (She Loves You), So’ Fesso (No Reply), Chis’ E’ ‘o Scia’ (Twist And Shout), Se Fosse ‘o Re (Because), Si Scinne Abbascie, E’ Night (A Hard Day’s Night), ‘E Zizze (Day Tripper). I programmi tv Domenica in e Black Out furono il loro lancio a livello nazionale nell’autunno del 1980.
Il disco entrò in classifica e ci rimase per molto tempo. A proposito di disco…. in base agli accordi del famoso “patto di sangue”, il disco degli Shampoo fu condiviso tra tutti gli amici della “confraternita” dal legittimo proprietario, il sig. Tonino Scarfò, a cui va la mia gratitudine per la condivisione fraterna ma anche la mia invidia per il possesso di questa rarità preziosa. Gli Shampoo, oltre ad essere stati un fenomeno fortuito, sono stati dei grandi musicisti, talenti da ricordare e preservare nel tempo. Ho avuto la fortuna, agli inizi degli anni 2000, di ritrovarmi in sala prove per una jam session con uno dei fondatori della band, grazie al mio amico batterista Diego Piccirillo: mi fece una bella sorpresa. Per chi volesse approfondire la conoscenza di questa realtà musicale nostrana può trovare l’album sulle piattaforme digitali musicali. Concludo lanciando nell’aere un messaggio universale: Ma nu shampo e cchiù cost men e nu cafè!.