La copertina della lettera del Vescovo sintetizza tutto: Parabola del tesoro nascosto di Gerrit Dou (su disegno di Rembrandt). Come in molte raffigurazioni anche qui siamo attratti da un susseguirsi di elementi che colpiscono la nostra attenzione. L’alternarsi delle zone d’ombra e di luce, le linee che inducono lo sguardo su un particolare piuttosto che su un altro, ma l’elemento iconografico più significativo dell’opera, quello che le dà senso è lo sguardo dell’uomo che si rivolge all’esterno della tavola. Non è rivolto verso il tesoro. Non è rivolto neppure verso quelle figure in lontananza che potrebbero rappresentare degli antagonisti nella scoperta e nella conquista di una ricchezza materiale. La figura rivolge la sua attenzione all’esterno, come verso qualcosa di intangibile e immateriale, capovolgendo così la prospettiva umana. Esso si rivolge verso qualcosa o qualcuno che è al di là: del quadro, delle ricchezze, delle cose.
Carissimi, vla parola del Concilio, che vogliamo rileggere con attenzione, ci pone nella giusta luce per comprendere il senso autentico della Festa e delle feste. «Secondo la tradizione apostolica, che ha origine dallo stesso giorno della risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente “giorno del Signore” o “domenica”. In questo giorno infatti i fedeli devono riunirsi in assemblea per ascoltare la Parola di Dio e partecipare alla Eucaristia e così far memoria della passione, della risurrezione e della gloria del Signore Gesù e render grazie a Dio, che li “ha rigenerati nella speranza viva per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo dai morti” (1 Pt 1,3). Per questo la domenica è la festa primordiale che deve essere proposta e inculcata alla pietà dei fedeli, in modo che risulti anche giorno di gioia e di riposo dal lavoro. Non le venga anteposta alcun’altra solennità che non sia di grandissima importanza, perché la domenica è il fondamento e il nucleo di tutto l’anno liturgico» (SC 106).
«La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i Santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini. Le feste dei Santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e pro pongono ai fedeli opportuni esempi da imitare. Perché le feste dei Santi non abbiano a prevalere sulle feste che commemorano i mi steri della salvezza, molte di esse siano celebrate da ciascuna Chiesa particolare, nazione o famiglia religiosa; siano invece estese a tutta la Chiesa soltanto quelle che celebrano Santi di importanza vera mente universale» (SC 111). Dalla festa della domenica alla festa dei Santi, quasi a cerchi con centrici dall’altare eucaristico fino a raggiungere tutte le periferie e le zone più lontane, dopo la sospensione causata dalla pandemia, accolta e prolungata come un momento di riflessione, vogliamo ora monitorare la ricchezza dell’esistente ed arginare, se occorre, le esagerazioni e le deviazioni che possono aver appesantito le nostre belle realtà popolari.
Mi piace ancora ricordare che sospendere non vuol dire annullare, né stravolgere, ma come Chiesa ci siamo concessi un tempo propizio per riflettere, rivedere e rimotivare il nostro vissuto ecclesiale, aperto sempre ad un territorio vario e frastagliato. Ringrazio, a cominciare dai parroci, tutti coloro che si sono immessi, sinceramente e responsabilmente, in questo cammino, do vendo anche soffrire per spiegare alla gente il nostro percorso.
Dico subito con chiarezza che non occorrono altre Norme e Documenti, ma rimando alle Norme Pastorali per la celebrazio ne dei Sacramenti, condivise e promulgate il 2 febbraio 2014, che abrogano le anteriori disposizioni emanate.
In esse, con lavoro sinodale e sinergico, sono confluite le indica zioni del Sinodo, le Norme per le feste religiose-Evangelizzare la pietà popolare della Conferenza Episcopale Campana del 2013 e i tanti pronunciamenti del Magistero petrino ed episcopale.
Le Norme e i Documenti sono concisi, precisi, puntuali, ed è bene che diventino sempre di più oggetto di riflessione e di catechesi, coprendo il vuoto formativo che su questo tema, forse, è venuto a crearsi nelle nostre realtà, lasciandole alla deriva e ad uno approccio molto approssimativo ed individuale. Il tempo sospeso, che ha procurato tanto malumore, ci ha dato la possibilità di fermarci, interrogarci, e chinarci con attenzione sul ricco patrimonio dottrinale e di vita della pietà popolare, posto nel le nostre fragili mani. Esso ora, con fiducia, è riconsegnato ad ognuno di noi per approfondirlo e non disperderlo o mortificarlo, per essere formati più che informati, se vogliamo aiutare il nostro popolo a riprendere un gioioso cammino di fede, e non una danza stanca e ripetitiva intorno al vitello d’oro (cfr Es 32,1ss).Non nuove norme, quindi, né nuovi decreti, ma cuore nuovo e nuovo approccio, con la sapienza di chi sa estrarre dal tesoro cose nuove e cose antiche (cfr Mt 13,52).
Chiedo ad ognuno, a cominciare dai Parroci, Vicari Foranei, Associazioni, Gruppi, Confraternite, Responsabili degli Uffici di Curia, di studiare i Documenti, rileggerli, approfondirli e verifi care le varie tappe della ripresa.Così, con il contributo di tutti, l’aggiornamento, che certamente ci è richiesto, abbia il passo del Cammino sinodale, l’attenzione al territorio e alle vive e vere tradizioni ecclesiali, che se sono tali non possono essere quelle nate ed inventate ieri, o stamattina. Chi ripete soltanto Noi siamo per la tradizione! Abbiamo fatto sempre così!, avendo l’immagine di un museo, non sempre conosce la ricchezza della Tradizione viva della Chiesa, e rischia di disperdersi in percorsi senza uscita.
Siamo chiamati ad un aggiornamento (è la parola di san Giovanni XXIII al Concilio!), senza soffermarsi troppo sulla pagliuzza nell’occhio dell’altro per non voler vedere la trave nel proprio occhio (cfr Lc 6,39-45), e senza la rigidità del fratello maggiore della parabola che, indignato, non vuole entrare nella sala della festa (cfr. Lc 15,28).Ognuno guardi serenamente in casa sua e, Norme alla mano, insieme alle Commissioni e Comitati, Consigli Pastorali e per gli Affari Economici, in comunione con la Forania e la Diocesi, veda con lealtà dove si è accumulata la polvere, ciò che è stato aggiunto in modo maldestro, e abbia il coraggio di togliere, tagliare, modificare per ridare bellezza alla festa. Rivedere, a cominciare da quei percorsi nati negli ultimi anni, mai autorizzati, e tante volte legati a gruppi che non sono in sintonia con la Parrocchia, la Congrega, e il cammino pastorale della Comunità, o nati da fantasie non autenticamente ecclesiali.
Non autorizzare in Parrocchia processioni e feste con simulacri custoditi nelle cappelle, che non siano espressione della Comunità parrocchiale, e rendersi conto se alcune realtà ormai sono in disuso, stanco appannaggio di un tempo che fu.
Si richiede un cammino di purificazione ed armonizzazione che, necessariamente, deve partire da ognuno di noi; sappiamo, per esperienza personale, che nessun cambiamento è possibile se non si cambia il cuore, se non ci connettiamo ogni giorno con il pensiero di Cristo e della Chiesa. Tutto nasce nel cuore e dal cuore (cfr Mt 15,19-20), anche una festa ed una processione. Sì, carissimi, l’aggiornamento che giustamente invochiamo è posto nelle nostre mani e nel nostro cuore; e non possiamo sempre at tendere che comincino gli altri se non cominciamo noi; né ripetere stancamente che il giardino degli altri è più coltivato; senza questo lavorio personale e comunitario, nessuna norma può servire, o può diventare un alibi per trovare nuovi capri espiatori, o ipotetici colpevoli per liberarci da ogni responsabilità. Ognuno faccia seriamente la sua parte e, insieme, si è e si diventa Chiesa diocesana, sentinella posta a guardia del territorio per la crescita di tutto il popolo.
Su questo tema, verso cui la nostra gente è sensibile, dobbiamo investire molto sulla formazione permanente, leggendo e spiegando le Norme Pastorali, a cominciare dagli incontri di catechismo, in modo che diventino pensiero condiviso dal popolo, il pensiero di Cristo e della Chiesa. I tridui e le novene in preparazione alla festa possono essere recuperati e arricchiti in modo che diventino una scuola di formazione, di conoscenza della vita del santo, per poter essere imitato. Forse è arrivato anche il tempo, dove se ne ravvede la necessità con l’ausilio degli Uffici diocesani, di rivedere il linguaggio di alcune preghiere e suppliche rivolte ai santi, che risentono dell’usura del tempo. Ascoltando la gente dal basso, dalla strada, attenti ai diversi territori e alle belle tradizioni dell’unica Diocesi, insieme come ci ricorda il Cammino sinodale, possiamo con pazienza e profezia, gradualmente, flessibili e non fiscali, aiutare il popolo che ci è affidato a procedere e a maturare nel cammino cristiano, intercettando anche le nuove generazioni che ci sfuggono, prima che la pietà po polare diventi una realtà estranea ai nostri ambienti. Non si fa pastorale con la spugna, quasi a voler cancellare il passato; né inventando tradizioni che non esistono, ma aiutando tutti e ciascuno ad esprimere la bellezza della fede e della pietà del nostro popolo, in una rinnovata sinfonia ecclesiale.
Sì, abbiamo un ricco patrimonio di feste, tradizioni, norme e dot trina, che a noi non è lecito disperdere o impoverire. Nel rispetto della vita di un popolo, del suo ethos, della sua storia, nel colloquio paziente, distinto e non distante e rispettoso con le Istituzioni, non vogliamo togliere alle nostre feste cristiane il timbro religioso, né vogliamo omettere tutti quei requisiti che le rendono tali; assistendo, a volte, nella festa civile ad esagerazioni ed espressioni in netto contrasto con il buon gusto, la morale cristiana e la testimonianza dei Santi. In questo tempo, per noi di ripresa, con il cuore disarmato, con la saggezza e il buon senso, lavoriamo con e nelle nostre Comunità per ricominciare, facendo cadere gli orpelli, con nuovo slancio pastorale-
Così, la pandemia e la sosta non saranno stati inutili, o semplici incidenti, ma sofferta occasione di crescita, quasi una “terapia d’urto” per uscire dall’emergenza ed avviarci verso il miglioramento.
La festa della Madonna e dei Santi se vuole diventare messaggio per la gente, non può e non deve mai essere estrapolata dal cammino pastorale che la Comunità compie durante tutto l’Anno Liturgico; essa deve diventare come la domenica nella settimana, e la Pasqua nel cuore dell’anno, come il valore della festa in ogni famiglia. Per questo motivo, non può mai essere lasciata in mano a sprovveduti, o avventori dell’ultima ora, o comparse ad tempus; né si può prendere soltanto la via degli sponsor, di coloro che comprano e polarizzano le feste per altri interessi, ma deve essere sempre guidata da una gestione sapiente e sobria, e non chiudendo mai la porta all’obolo della vedova (cfr Mc 12,41-44).
Mi piace ricordare l’esortazione che Giacomo, Cefa e Giovanni – le colonne – rivolgono a Paolo e Barnaba nel tempo della evangelizzazione, affinché diventi nostro stile nelle feste: «Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccu pato di fare» (Gal 2,10). Così, anche gli ultimi e i poveri, troveranno più posto nelle nostre feste, perché senza la loro presenza la festa non può essere completa e perderebbe il profumo del Vangelo; e dovremmo ac cogliere con umiltà il richiamo del profeta: «Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso, sono stanco di sopportarli» (Is 1,14).
Chiedo ai Parroci, e ai vari Responsabili, di vigilare su tutto con sguardo pastorale e con cuore di padri. Essa, la festa, come già av viene in tante Comunità, sarà un momento atteso, bello e preparato da tutto il percorso che la Comunità compie di domenica in domenica per annunciare il Vangelo ed evangelizzare la nostra amata terra dell’Agro. Vogliamo anche ringraziare, sinceramente, i tanti autentici Mast’e fest che, collaborando con lealtà, aiutano le Comunità a fare festa, e a fare della festa un momento importante, creativo e con diviso. Siamo coscienti che ci è chiesto un cammino lungo, faticoso, prudente, quasi un tavolo permanente e un cantiere sempre aperto, perché non ci illudiamo di avere bacchette magiche e cambiare tut to in un attimo; ma il nostro, insieme, può diventare un cammino gioioso, una sfida pastorale, un autentico cammino sulla strada che è Cristo. «Tenere la via media, vera, giusta tra la sinistra della disperazione e la destra della presunzione sarebbe per noi difficilissimo, se Cristo non dicesse: “Io sono Via, Verità e Vita” (Gv 14,6). È come se dicesse: Per dove vuoi camminare? Io sono la Via. Dove vuoi andare? Io sono la Verità. Dove vuoi permanere? Io sono la Vita. Camminiamo dunque in tranquilla fiducia nella via, ma temiamo le insidie accanto alla via. Il nemico non ha il coraggio di tendere insidie nella via, poiché Cristo è la Via, ma non cessa certo accanto alla via […]. Le trappole tra le quali camminiamo non sono nella via, ma ci sono accanto alla via. Perché ti spaventi, perché hai paura, se tu cammini nella via? Temi se abbandoni la via. Il nemico riceve infatti il permesso di porre le sue trappole accanto alla via, perché non ci compiacciamo in un’indebita sicurezza, abbandoniamo la via e cadiamo nelle insidie» (cfr S. Agostino, Post Maurinos, Ser mone 11,1). Sulla via che è Cristo, per essere nella verità e raggiungere la vita, camminiamo insieme, non tristi, delusi e sconfitti; ma lieti e fiduciosi; non con la presunzione di voler cambiare il mondo, ma almeno un po’ noi stessi; con lo sguardo grato e riconoscente di chi stima ed apprezza il lavoro dell’altro, e cerca di fare sempre meglio nel campo che il Signore gli ha affidato. Possediamo tutti i mezzi, di natura e di grazia, e non possiamo venir meno alla nostra vocazione di Pastori e Fedeli amati dal Signore. Come sempre sono con Voi – pallida icona del Viandante che cammina accanto – come il pastore, avanti, in mezzo e dietro al gregge, pronto ad incoraggiare, a sostenere e disposto a pagare di persona tutto il prezzo del lavoro pastorale, ben sapendo che il Signore ce ne chiederà conto. Sarà mio compito al prossimo Consiglio Presbiterale, indica re le figure che dovranno monitorare ed accompagnare questo cammino di aggiornamento. San Giuseppe, Custode del Redentore e della Madre del Redentore, custodisca anche la nostra vita ecclesiale oggi e, Patris corde, ci aiuti a ritornare sui nostri passi per metterci alla ricerca di Gesù che abbiamo smarrito durante la festa; ce lo faccia ritrovare dopo i tre giorni insieme ai maestri nel tempio, mentre ci ricorda che dobbiamo occuparci delle cose del Padre. Anche se non comprendiamo subito, e conservando tutto nel cuore come Maria, ritorniamo sottomessi a Nazareth – le nostre occupazioni quotidiane – per crescere, come Gesù, in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e agli uomini e ricominciare a fare festa, con il cuore in festa, perché Cristo è la Festa della Chiesa (cfr Lc 2,41-52;15,24).
Vi benedico
Dal Palazzo Vescovile
Nocera Inferiore, 19 marzo 2023