“La burocrazia fa sì che la Campania non sia una regione per persone con disabilità. La paventata autonomia differenziata rischia di aggravare ulteriormente la situazione”. Lo afferma il Garante dei diritti delle persone con disabilità della Regione Campania, l’avv. Paolo Colombo, ha trasmesso al Consiglio regionale la Relazione sulle attività svolte nell’anno 2022.
Lo afferma il Garante dei diritti delle persone con disabilità della Regione Campania, l’avv. Paolo Colombo, ha trasmesso al Consiglio regionale la Relazione sulle attività svolte nell’anno 2022. La relazione che consta di 65 pagine è consultabile sul sito del Garante (https://www.cr.campania.it/garante-disabili/). “Nell’anno 2022 – dichiara il Garante – la pandemia ha comportato effetti estremamente negativi per le persone con disabilità e ha accentuato le diseguaglianze e la mancata consapevolezza ed esercizio dei propri diritti. Questo sia nel campo dei servizi socio-sanitari, sia in quello dell’istruzione, sia in quello del lavoro e, infine, anche in quello alla qualità di vita”.
L’Ufficio del Garante, si legge in una nota, “ha compiuto l’impossibile per tutelare i diritti delle persone con disabilità: anche quest’anno ha gestito oltre 2000 segnalazioni, svolto funzioni di monitoraggio, di facilitazione e di sollecitazione rispetto alla Pubblica Amministrazione, agli enti pubblici, agli enti locali e ai soggetti privati. Si è data puntuale informazione di provvedimenti, leggi, sentenze e iniziative di interesse per il mondo della disabilità. Si è continuato a costruire una rete e a promuovere delle collaborazioni con tutti i soggetti interessati alla materia”.
In regione Campania, i disabili censiti dall’INAIL ammontano a 58.585 unità di cui 48.585 sono uomini (83%) e 10.000 donne (17%). Applicando questi dati alla popolazione della Campania (5.782.244 – censimento ISTAT 2001), si calcola che i disabili campani ammontano a circa 320.000. La Campania presenta, rispetto alla media nazionale, un maggiore frequenza dei disabili in famiglia, in linea con le altre regioni meridionali: ciò potrebbe essere dovuto anche all’effetto combinato di due fattori, uno di natura culturale e uno di natura strutturale. Il fattore culturale potrebbe essere rappresentato dalla maggiore propensione dei nuclei familiari residenti in Italia meridionale a tenere in famiglia le persone con disabilità. Il fattore strutturale è costituito dalla carenza dell’offerta di strutture residenziali dedicate, che favorirebbe il divario osservato rendendo inevitabile la permanenza in famiglia della persona disabile-
Solo lo 0,7% dei Pil, l’Italia spende un terzo della media UE per i servizi sociali.
Ma soprattutto, ci sono cittadini italiani per i quali anche quello 0,7% rappresenta
un miraggio: i livelli di assistenza dei Comuni, ricostruiti provincia per provincia
dal Rapporto dell’Osservatorio Nazionale sui Servizi Sociali Territoriali del Cnel,
in collaborazione con ristai, sono diversissimi tra di loro, e quindi la spesa varia dai
583 euro a persona di Bolzano ai 6 euro di Vibo Valentia. Come è noto, la spesa
sociale dei comuni del Sud Italia appare minore che nel resto del Paese. Nelle
province calabresi vengono toccati i valori più bassi in assoluto, a cui seguono le
tre province campane di Caserta (€ 33), Avellino (€ 46) e Benevento (€ 47). Tra le
aree di intervento che assorbono la maggior parte della spesa sociale ritroviamo
l’area Disabili, la cui media provinciale di spesa pro-capite si attesta a € 33. Il
dettaglio provinciale mostra come i valori più bassi, inferiori a € 15, siano
riscontrabili non solo nelle province calabresi, bensì anche in quelle campane:
Caserta (€ 12), Benevento (€ 15) e Avellino (€ 10).Non si tratta solo della consueta disparità Nord-Sud, ogni Comune è un caso a sé.
La qualità e la quantità dei servizi sociali dipendono dai Comuni, non sono neanche
legati al numero degli assistiti. Per esempio i Comuni in dissesto o in predissesto
hanno difficoltà anche a fornire i servizi di trasporto, figuriamoci quelli sociali. I
dati del Rapporto si riferiscono al 2018-2019, ma l’anno scorso c’è stato un passo in
avanti per superare le disparità nei servizi: la legge di Bilancio ha introdotto i livelli
essenziali delle prestazioni per il numero di assistenti sociali