Un tempo, tra ragazzi, si era soliti approfittare, dovunque fosse necessario stare seduti, di occupare il posto di chi si fosse dovuto allontanare, lasciando così libero il suo posto a sedere. Al ritorno, alla sua rivendica della seduta, lasciata libera solo per un tempo molto breve, si sentiva rispondere con atteggiamento di sufficienza:”chi va a Verona, perde la poltrona”. Di solito quest’ultima frase bastava a salvare capra e cavoli, nel senso che il defraudato accettava quella soluzione e il furbetto godeva della immeritata conquista. Non è andata così per il recente rinnovo delle cariche ai vertici di alcune aziende pubbliche. In un caso particolare, quello dell’Eni, il Presidente De Scalzi è succeduto a sé stesso, rimanendo seduto sulla plancia di comando. In questo è stato aiutato molto dal fatto che, soprattutto negli ultimi tre anni, ha inserito più volte il pilota automatico per allontanarsi dalla sua postazione. Ligio al vecchio detto contadino: “chi vuole va e chi non vuole manda”, nel momento clou delle strozzature delle forniture di gas disposte dal Cremlino nei confronti dell’Europa e quindi dell’Italia, non ha pensato nemmeno per un attimo di poter cercare una o più soluzioni rimanendo all’interno del suo ufficio. Da solo o accompagnando la Premier Meloni, lo stesso si è recato nelle tane dei vari lupi, per la maggior parte di quelli neri, completando con il suo agire da capo di azienda di riconosciuta qualità il preambolo politico. Quest’ultimo messo in atto dalla Capo del Governo, con il supporto dei ministri coinvolti nella vicenda.
I risultati sono in parte già arrivati: la dipendenza del Paese dal gas russo si è fortemente ridimensionata e, se il prezzo di quel combustibile è ritornato a quotazioni accettabili, molto lo si deve appunto al Presidente dell’ENI De Scalzi e ai suoi collaboratori. Altrettanto è valso per le altre nomine, quindi, almeno per questa tornata, si potrebbe lasciare tranquillo, dove ora si trova, il Senatore Cencelli e il suo manuale. Non sembrano altrettanto convincenti, almeno allo stato attuale, le manovre attraverso le quali si articola il DEF, Documento di Economia e Finanza. A caldo sarebbe poco verosimile un commento dettagliato, mentre di massima lo si può approcciare almeno per quelle che sono le decisioni macroeconomiche prese nelle sedi competenti, sia in Europa che oltreoceano.Non è invece fattibile nemmeno a colpi d’ascia, essendo estremamente improbabile che esista, cercare una motivazione che non sia solo economica, quella che sta infiammando sempre più l’ Oriente. Oltretutto In questi giorni sono in pentola a cuocere diverse questioni socioeconomiche di portatata intercontinentale, atte a intetessare molti paesi per le proprie vicende interne. A Washington in queste ore è riunito il G20 finanziario a cui sta prendendo parte anche il Governatore della Banca d’ Italia Visco, mentre nella stessa città il Fmi, il Fondo Monetario Internazionale, sta prendendo atto di quanto riferito, con giustificata soddisfazione, dalla Fed, l’ Istituto di Emissione Americano. Quel report reca che il tasso di inflazione in quel paese sta scendendo in maniera rapida e in misura consistente grazie alle manovre al rialzo operate sul tasso del dollaro. Ciò fa prevedere che a breve i mercati finanziari dovranno digerire un ulteriore rincaro del biglietto verde. Ciò si farà sentire anche in Europa per almeno due ordini di motivi. Il primo, dovuto a una situazione di tipo istituzionale, che dà la preferenza al dollaro rispetto a ogni altra valuta nel regolamento di partite internazionali di idrocarburi. Il secondo, decisamente più opinabile, è l’effetto di emulazione che subirà da quella manovra la Bce, anche se il tipo di inflazione nel vecchio continente è decisamente diversa da quella d’oltreatlantico. In Europa non c’è diretta corrispondenza del tasso dell’euro con l’inflazione perché essa è stata scatenata soprattutto dal rincaro abnorme del costo del gas russo. Se è vero, come dicono i medici con un espressione latina sintetica e particolarmente efficace, quanto è accaduto da questa parte dell’oceano è una manifestazione concreta del “post hoc, propter hoc”, indicatore inconfutabile del rapporto causa-effetto. C’è solo da augurarsi che chi è deputato a tanto non faccia come quel gruppetto di Coltivatori Diretti delle campagne del villaggio. Quei lavoratori dei campi, volevano ritornare a casa dal capoluogo dove si erano recati per una riunione provinciale. All termine della stessa, avendo fatto bisboccia come da abitudine consolidata, finirono per scambiare il cimitero per la stazione. È facile immaginare i molti ostacoli che incontrò l’allegra brigata prima di rincasare. Diventa così molto difficile ostentare ottimismo a seguito delle precedenti considerazioni. Per non parlare poi di sorrisi di allegria o quanto meno di leggerezza. Sempre nella Roma dei re, fu messa insieme un’altra massima: “risus abundat in ore stultorum”, ovvero la risata esce copiosa dalla bocca degli stolti. Sono passati molti secoli, eppure la stessa non è stata mai smentita, nè, tantomeno, ridimensionata.