Ancora qualche ora e la Commissione europea proporrà le nuove proposte legislative Ue sui conti pubblici. Nel contesto di una trattativa all’ultimo ritocco, mercoledì 26 aprile Bruxelles annuncerà la proposta legislativa sulla riforma del Patto di Stabilità e Crescita europeo, il cuore della comune disciplina economica. «Siamo sulla buona strada», ha detto il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis, sgombrando il campo da un possibile slittamento della proposta (salvo colpi di scena, non esclusi visto che l’ufficialità sull’agenda ancora manca).
Una conferma che la riforma verrà presentata mercoledì è giunta dal commissario Ue agli Affari Economici, Paolo Gentiloni. «Sono soddisfatto», ha sottolineato a margine di un’audizione all’Eurocamera. E alla domanda se la riforma della governance economica piacerà alla Germania l’ex presidente del Consiglio italiano ha risposto: «Sì». I vecchi parametri del Patto di stabilità sono sospesi dal 2020 per effetto della pandemia.
L’attesa riforma della governance economica europea non finirà sul tavolo dei lavori organizzati del consiglio Ecofin informale di venerdì 28 e sabato 29, convocato dalla presidenza svedese di turno a Stoccolma. L’attesa è che sia oggetto delle discussioni tra i ministri Economici a margine dei lavori e durante la cena alla sera del primo giorno. «È troppo poco tempo per digerire le proposte», ha spiegato un funzionario europeo per chiarire perché non sarà oggetto di un confronto strutturato, nonostante sia un consiglio informale. «Sicuramente» le proposte della Commissione verranno «discusse a margine della riunione», «ci saranno ministri che forniranno commenti ai media», ma uno scambio vero e proprio strutturato tra i ministri economici dei 27 non è previsto, ha spiegato. «Mi aspetto – ha detto – che il confronto si svolga maggiormente a margine della riunione, nei corridoi, durante la cena». Anche la seconda sessione di lavoro dell’Ecofin informale, dedicata al ruolo della politica fiscale per la stabilizzazione, difficilmente potrà subire cambi di programma in corsa per dar spazio al confronto sulla governance economica: «La seconda sessione di lavoro si svolgerà in gruppi più piccoli di ministri con discussioni un po’ più approfondite», ha spiegato il funzionario, quindi «non ci aspettiamo che quel formato sarà il più adatto per avere il primo scambio» sulla riforma del Patto. Le nuove norme dovranno venir approvate entro fine anno e prima che si concluda la clausola di salvaguardia che dalla pandemia ha sospeso le regole del Patto fino a fine 2023. Dombrovskis ha sottolineato il grande sforzo di «bilanciamento» fatto, nella volontà di tenere insieme la «maggior flessibilità» data ai Paesi dell’Ue per gli aggiustamenti fiscali e «la trasparenza e uguaglianza di trattamento tra Stati membri» con anche benchmark numerici comuni.
La Germania ha chiesto però che i Paesi più indebitati taglino il debito di almeno l’1% all’anno, oltre ad aver indicato vari altri criteri numerici relativi ad esempio alla spesa e al saldo strutturale. «Il nostro obiettivo è rafforzare il Patto di stabilità e crescita, non indebolirlo. Abbiamo bisogno di più responsabilità», ha detto il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner in un intervento sul Financial Times in cui ha chiesto anche «disposizioni di salvaguardia per garantire un’effettiva diminuzione dei rapporti debito/pil». Una riforma, ha sottolineato, «è accettabile solo se apportiamo miglioramenti significativi al quadro. In caso contrario, non sarebbe opportuno modificare le regole». Il criterio tedesco sembra però del tutto in contrasto con il principio di maggior flessibilità e titolarità degli Stati sui propri conti pubblici. Difficilmente, dunque, l’impianto finale sarà come chiesto da Berlino, ma frutto appunto di «bilanciamento», come indicato da Dombrovskis, che pure è un “falco” sui conti. Un compromesso inizialmente ipotizzato dalla Commissione prevedeva un calo dello 0,5% annuo del debito nei Paesi in deficit eccessivo (oltre al 3% del Pil), con una clausola di “non differimento” nell’aggiustamento nel quadriennio (i piani potranno arrivare fino a sette anni). L’Italia, che – con riferimento al 2022 – ha sulle spalle un debito pari al 145% del prodotto interno lordo, ha chiesto di scomputare gli investimenti per la transizione energetica dal rapporto deficit/Pil. Per l’Italia il nuovo Patto non va visto come capitolo a sé stante rispetto alla strategia per una Ue competitiva e verde. Tradotto: chiedere investimenti sul dossier esige, soprattutto per chi ha poco spazio fiscale, una flessibilità nel percorso del rientro del debito. Il governo Meloni cercherà di evitare impegni eccessivi, ma dovrà fare i conti con le posizioni di Francia e Germania.
Le nuove regole, aveva anticipato la Commissione a novembre, dovranno archiviare la regola attuale che prevede un calo del debito pubblico del 5% all’anno negli Stati con indebitamento eccessivo (la regola “del ventesimo”, ampiamente disattesa), per passare a percorsi di aggiustamento concordati da ciascun Paese sulla base di un’analisi della sostenibilità del debito, con accordi individuali con la Commissione, su modello Pnrr, per i percorsi della spesa primaria netta (quella escluse entrate una tantum, interessi o spese per disoccupazione).