Il Governo della #SvoltadiSalerno che segnerà profondamente il futuro della nascente repubblica italiana.
Dopo l’armistizio di Cassibile, gli anglo-americani avevano creato una Commissione alleata di controllo per governare l’Italia, ma i rappresentanti dell’Unione Sovietica facevano soltanto parte di un Comitato consultivo affiancato alla Commissione. Il rappresentante dell’URSS nel comitato era il diplomatico Vyšinskij, noto per i processi di Mosca, mentre la politica estera del governo Badoglio, in assenza del ministro Raffaele Guariglia, rimasto nella Roma occupata dai tedeschi, era sostanzialmente condotta dal Segretario generale del ministero degli esteri Renato Prunas. Grazie all’azione decisiva del suo stretto collaboratore Raimondo Manzini, Prunas nel gennaio del 1944 riuscì ad avere due colloqui con Vyšinskij, il primo a Napoli e il secondo a Salerno, A seguito di tali trattative – in cui Prunas dichiarò che da parte del governo italiano non vi era «alcuna obbiezione o difficoltà» a consentire il rimpatrio del segretario comunista Palmiro Togliatti – il 14 marzo 1944 ebbero inizio le relazioni diplomatiche tra l’Italia e l’Unione Sovietica, Si tratta della tesi sostenuta prima dallo storico Maurizio Serra nel 2005 e quindi ripresa nel libro “l’Alleato Stalin” di Clementi del 2011 (che si avvale di riscontri fatti negli archivi ex sovietici), per la quale l’iniziativa della cosiddetta “svolta” sarebbe partita dal governo badogliano e sostenuta dall’Urss dopo una serie di consultazioni, tra le quali quella di Togliatti con il vertice sovietico a Mosca il 3 marzo 1944 appare come la meno importante dal punto di vista strategico.
Dopo il primo colloquio con Vyšinskij, in merito alla collaborazione con l’URSS Prunas rilevò: «una eventuale iniziativa in questo senso dovrebbe essere accompagnata da un mutamento nell’atteggiamento del partito comunista italiano, oggi violentemente antigovernativo. Posizione del resto sterile e che conduce ad un vicolo cieco da cui converrebbe che la nostra situazione interna fosse girata. Aggiungo che tale eventuale modificazione nell’atteggiamento del partito comunista non potrebbe a sua volta non esercitare una decisa influenza anche sull’atteggiamento degli altri cinque partiti. Ciò che potrebbe probabilmente condurre alla costituzione di quel largo Governo democratico, che è il comune scopo di raggiungere[3].»
Stando a quanto riportato nel diario rinvenuto alcuni anni fa negli archivi russi, del bulgaro Georgi Dimitrov, già segretario generale dell’allora disciolto Comintern[5][6], la notte del 3 marzo 1944 si svolse a Mosca un incontro tra Stalin e Togliatti, alla presenza di Molotov e Vyšinskij. Secondo quanto riferito da Molotov a Dimitrov, Stalin avrebbe dato disposizioni a Togliatti di rientrare in Italia e non esigere l’immediata abdicazione del re, suggerendo ai comunisti italiani di entrare nel governo Badoglio. Il 5 marzo successivo fu lo stesso Togliatti a informare Dimitrov della conversazione con Stalin, giustificando l’ingresso dei comunisti nel governo italiano con la necessità di rafforzare politicamente la guerra contro i tedeschi e realizzazione dell’unità del popolo italiano contro il progetto inglese di un’Italia debole nel Mar Mediterraneo[7]. Il 27 marzo, Togliatti, dopo esser transitato per Il Cairo ed Algeri, sbarcò a Napoli.
La posizione di Togliatti di accantonamento del problema istituzionale trovò inizialmente contrari il PSIUP di Nenni e di Basso e il Partito d’Azione di La Malfa e Valiani; inoltre, la monarchia aveva già respinto una mediazione di Carlo Sforza, concernente l’abdicazione di Vittorio Emanuele III d’Italia[8][9] in favore del nipote infante che sarebbe dovuto salire al trono con il nome di Vittorio Emanuele IV, e la reggenza del Maresciallo Badoglio[9][10]. L’impasse fu superata con l’accettazione di una proposta di Enrico De Nicola – che fu presentata anche a firma di Sforza e di Benedetto Croce – consistente nel formale mantenimento della titolarità del trono da parte di Vittorio Emanuele III, ma con il trasferimento di tutte le funzioni al figlio Umberto, quale Luogotenente del Regno. Tale trasferimento si concretizzò con l’ingresso degli alleati nella Roma liberata. L’accordo prevedeva anche che, al termine della guerra, fosse indetta una consultazione fra tutta la popolazione per eleggere un’Assemblea Costituente e scegliere la forma dello Stato.
Il primo governo politico post-fascista (governo Badoglio II), con la partecipazione dei sei partiti del Comitato di Liberazione Nazionale, PCI compreso, si formò a Salerno, il 22 aprile 1944. Salerno rimase sede dell’esecutivo fino alla liberazione di Roma, il 4 giugno 1944.A Salerno la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell’Interno ed il Ministero dell’Educazione Nazionale furono ospitati nel Palazzo comunale, mentre il Ministero dei Lavori Pubblici e quello dell’Agricoltura e Foreste andarono a Palazzo Natella, nel centro storico, che ospitava anche gli uffici di collegamento con il Ministero della Marina e con quello della Guerra (rimasti a Brindisi). Il Ministero di Grazia e Giustizia fu ospitato nel Tribunale cittadino; il Sottosegretariato delle Poste e Telegrafi fu al Palazzo delle Poste, il Ministero degli Esteri a Palazzo Barone, il Ministero delle Finanze presso l’edificio delle Corporazioni; il Ministero dell’Industria e Commercio era invece sistemato a Vietri sul Mare, nelle scuole elementari locali.L’11 febbraio 1944 si trasferì a Salerno il primo governo Badoglio, a cui partecipavano due ministri salernitani: Raffaele Guariglia, agli Esteri fino all’11 febbraio 1944, e da quella data Giovanni Cuomo all’Educazione Nazionale. Mercoledì 16 febbraio 1944 la “Gazzetta Ufficiale” reca come luogo di stampa non più Brindisi ma la città campana.
Nell’aprile successivo fu creato il Governo Badoglio II: il 26 aprile 1944 si riunì il primo Consiglio dei ministri del governo di unità nazionale dopo la caduta del Fascismo, primo passo verso la restaurazione della democrazia in Italia. Il ministro Cuomo, nel nuovo esecutivo, ottenne la creazione del “Magistero” di Salerno con sede a Palazzo Pinto, nell’antica “Via dei Mercanti”. In questa forma si concretizzò la rinascita degli studi universitari a Salerno, dopo che – sciolta la Scuola Medica Salernitana nel periodo napoleonico – anche l’ultimo scampolo di università salernitana era stato abolito dal ministro Francesco De Sanctis subito dopo l’Unità d’Italia. Cuomo infatti riuscì a far aprire a Salerno una Facoltà di Magistero, difendendola dai tentativi di soppressione. Tale facoltà, in seguito a lui dedicata, è diventata il nucleo costitutivo della risorta Università di Salerno.
Ivanoe Bonomi, divenuto Presidente del consiglio il 18 giugno 1944, sostituì Pietro Badoglio e realizzò con Togliatti la Svolta di Salerno. La decisione dei comunisti italiani (per creare un governo di unità nazionale) fu presa da Togliatti, giustificando l’ingresso del PCI nel governo con la necessità di intensificare la guerra contro i tedeschi, la democratizzazione del paese e la realizzazione dell’unità del popolo italiano contro il progetto inglese di un’Italia debole nel Mar Mediterraneo.