Edito da La Nave di Teseo, in “I libri si sentono soli”, si racconta la storia della straordinaria biblioteca di famiglia, attraverso la quale rivivono pagine fondamentali della contemporaneità, dal Risorgimento agli eventi più significativi della nostra vita democratica. E’ un romanzo di avventure letterarie per chi ama i libri e i segreti che contengono. E’ anche una sorta di gruppo di famiglia in una biblioteca. Tra i ricordi del padre Ignazio, giornalista come lui, Luigi Contu ha ritrovato edizioni rare, inediti, lettere dei grandi del ‘900. Con l’aiuto dei figli, ne ha fatto un libro e una mostra. “Così ho riannodato il filo tra le generazioni”. Dal letto d’ospedale, ricoverato per un intervento di routine al Gemelli, Ignazio Contu, chiese carta e penna. “Questa è la disposizione della mia biblioteca” disse al figlio Luigi, e gli consegnò due fogli fitti di indicazioni vergate con una tratto pen rossa. Tre giorni dopo morì. Era il 9 maggio 2011. Ignazio ha cominciato prestissimo la professione. A soli vent’anni gli è stata affidata dall’editore De Fonseca la direzione della rivista scientifica Scienza e Vita che era stata fondata dal padre Raffaele, anche lui giornalista e divulgatore scientifico al quale si devono la traduzione italiana delle principali opere di Einstein e Paul Valery. Alla fine degli anni cinquanta Contu si dedica al giornalismo politico scrivendo per molti anni la nota politica de Il Tempo e La Notte. Negli anni settanta diventa direttore de Il Settimanale del gruppo Rusconi di cui poi sarà direttore editoriale. Terminata questa esperienza, riprende a scrivere pubblicando commenti ed interviste politiche per La Domenica del Corriere e Gente. E proprio in occasione di una intervista incontra Amintore Fanfani il quale gli propone di diventare portavoce nel governo che il senatore a vita forma nel 1983. Contu, di estrazione liberale, accetta l’incarico e comincia una collaborazione ventennale con Fanfani il quale lo nomina portavoce del Senato per due legislature. Contu è di nuovo alla presidenza del Consiglio nel 1995 come consigliere politico del presidente Lamberto Dini. Al termine di questa collaborazione torna alla divulgazione scientifica fondando la rivista Telema, dedicata allo sviluppo della telematica ed al rapporto tra la tecnologia ed i mezzi di comunicazione di massa. Negli ultimi anni della sua carriera, insieme a Ettore Bernabei, Gaetano Gifuni, Cesare Cursi e Lamberto Cardia, dà vita alla fondazione Fanfani.
Luigi, compagno di Liceo di Marco Berlinguer, figlio di Enrico, ha iniziato la professione nel mondo delle radio libere fin dagli anni del liceo. Cronista parlamentare per oltre vent’anni, ha guidato la redazione Interni di “la Repubblica” per cinque anni, a partire dal 2004. Di origini sarde, è nato a Roma nel 1962 e ha tre figli, attualmente è il direttore dell’Ansa.
“I libri vivono una vita propria che si incrocia con la nostra. Se li lasci abbandonati sugli scaffali per troppo tempo si intristiscono. Non basta comprarli e leggerli. Vanno vissuti, curati, consumati, soprattutto quelli che ti sono piaciuti di più o che ti hanno colpito, emozionato, magari turbato. Devi continuare a viverli anche dopo che hai finito di leggerli. I libri si sentono soli Luigi, come noi”. Le parole di un padre al figlio passano il testimone di una biblioteca di famiglia e di tutte le storie che quei libri, raccolti per tre generazioni, hanno l’impazienza di raccontare. Luigi Contu le insegue con l’intuito del cronista e la grazia dello scrittore, in un’indagine che parte da un appunto perduto per dare vita a un appassionante viaggio che attraverso i libri conduce nella storia di una famiglia, intrecciata con le vicende italiane, dai primi del Novecento ad oggi. Tra epiche imprese di banditi sardi, pagine di diari in trincea, testi futuristi e una poesia ritrovata di Ungaretti, I libri si sentono soli è un romanzo di avventure letterarie, per chi ama i libri e i segreti che nascondono.Un viaggio nel tempo storico del secolo trascorso, con una finestra narrativa sull’Ottocento, quando il bisnonno dell’autore era sindaco di Tortolì, il paese sardo dell’Ogliastra di cui i Contu, fin dal 700, sono originari. Infine una lettura di alcuni fenomeni culturali del ‘900, per esempio il futurismo, attraverso i libri e la voce del nonno Rafaele, amico di Filippo Tommaso Marinetti.
La frase di Ignazio Contu, oltre che efficace nella sua trovata espressiva, è illuminante per chi ama davvero i libri e la lettura e ha il sapore di una rivelazione. E questo fu l’effetto che fece sull’autore .Sui libri, sull’arte della lettura sono stati scritti vari volumi (ne segnalo tre su tutti: Il piaceredella lettura, di Marcel Proust, Una storia della lettura, di Alberto Manguel, e Il piacere tra le righe, di Camilla Baresani . E si raccontano anche aneddoti gustosi e bizzarri. “Una mia conoscente, dopo aver visto i tanti libri della mia libreria, se ne dichiarò “esterrefatta”. E poi fece l’immancabile domanda, tipica di chi non legge e non conosce il piacere ma anche la fatica che la lettura richiede: Li hai letti tutti?”.
Ma torniamo al libro. È di 265 pagine, scandito in 66 capitoletti, dove l’autore mette a frutto la sua vena giornalistica giocando con dei titoletti, che incuriosiscono e invogliano alla lettura. Uno dei tanti esempi: “Una telefonata nel Settecento” è il breve racconto di una Roma spettrale, deserta, in pieno lockdown; vi si raffigura una Piazza Fontana di Trevi senza bancarelle né turisti, e l’autore si immagina di guardare i marmi e il monumento “come lo guardavano i papalini e i nobili che passavano in carrozza”. Il padre era anche a anche un maestro di scrittura: consigliava di sciogliere le frasi, togliere inutili gerundi, e giudicava le parole “infatti” e “quindi” le stampelle per gli ignoranti. Un galantuomo, tra i pochi portavoce che io abbia conosciuto che non mentiva, secondo il giudizio di Giampaolo Pansa, riferito al figlio negli anni in cui Luigi Contu era a “Repubblica”. ” I libri si sentono soli, proprio come noi. E l’autore commenta: “Mio padre era così convinto di questa idea che in casa sua li spostava spesso, penso proprio perché temeva che potessero sentirsi trascurati. E, sulla stessa lunghezza d’onda – racconta l’autore –a volte mi scoprivo a immaginare gli stati d’animo dei libri. Se hanno una vita propria, pensavo, allora avranno anche sei pensieri. E fantasticando, per prima cosa vorranno essere amati, come tutti gli esseri umani, e quindi letti e capiti da chi li ha acquisiti. E poi rispettati. Magari temono di finire nelle mani sbagliate, in posti sbagliati, o spesso dimenticati in una casa di campagna, divorati dall’umidità. “Tra le figure principali di questo libro, oltre al padre Ignazio, si staglia con grande rilievo il nonno Rafaele, personaggio importante della cultura italiana a cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale. Diresse con Giuseppe Ungaretti la collana di letteratura I quaderni di Novissima. Fu editore di tanti scrittori e poeti tra cui Saba, Montale, Malaparte, Cardarelli e Valery; curò la pubblicazione dell’opera omnia di Gabriele D’Annunzio. Aveva, in tempi in cui la filosofia idealistica sminuiva l’importanza della scienza,” degradata a pseudo concetto” ( Croce), la passione per la divulgazione scientifica. Diresse infatti la rivista Sapere, oltre all’Unione Sarda, e tradusse la Teoria della relatività di Einstein per l’editore Hoepli. A ogni pagina balzano nuovi libri, sempre legati a chi li possedeva, li traduceva in qualche caso, o li comprava, come spesso faceva nonno Rafaele in edizione originale dalle librerie di Parigi. Le sorprese non mancano, ma ne citeremo solo alcune, per non sciupare il gusto della lettura. E così capita di trovare, nel settore della biblioteca dedicato alla Sardegna, un volume con i versi della Divina Commedia tradotta in lingua sarda dal poeta Pietro Casu, degli anni Venti del ‘900, con questo incipit: A su mesu caminu de sa vida. M’incontres’ in un’addhe a busca oscura. Ca sa via ‘eretta fi’ peldida. Oppure un capolavoro di Shakespeare, Machbeth, diventato e tradotto come Machbettu, trasposizione di Alessandro Serra. Ci sono storie di briganti e pastori, leggende come quella che all’autore bambino raccontava la nonna Maria, una nobildonna di antico lignaggio cagliaritano: la pietra ballerina. Il racconto di una bambina che amava danzare, contro il volere dei genitori, e poi fu trasformata in pietra, ma la pietra continuava a muoversi con un passo di danza. La nonna Maria narratrice di tante storie, dice oggi il nipote, funzionava come un audiolibro ante litteram. Con un montaggio narrativo tipico dei flash back, l’autore fa dei rimandi a fatti più recenti, della sua giovinezza di studente o della sua vicenda professionale. In due episodi c’entra addirittura Enrico Berlinguer, di un figlio del quale Luigi Contu era compagno di scuola e amico. Un pomeriggio, mentre l’autore giocava a calcio con alcuni compagni tra cui Marco Berlinguer, il segretario del Pc si aggregò alla squadra e diede anche lui qualche calcio al pallone. Un’altra volta, mentre Luigi studiava in casa Berlinguer, era vigilia di interrogazioni in storia, ai ragazzi che sbuffavano “che noia”, Berlinguer fece prima una esortazione: bisogna studiare la storia, è importante; e poi, saputo che l’argomento dell’interrogazione sarebbe stato la Rivoluzione francese, si sedette e fece una lezione di storia in piena regola. E Luigi Contu poté così dire poi al padre: ho preso un buon voto in Storia, e lo devo a Berlinguer, nello stupore del padre che non aveva compreso il senso di quelle parole.