Con Requiem sull’ottava nota, Giovanni Taranto scrive un romanzo la cui trama si basa sulla Cabala, vince una quaterna al Lotto e la spartisce coi suoi lettori. Primo estratto 52 il “libro giallo”: composizione e intreccio sono quelli che ogni lettore di genere cerca per essere tirato dentro l’intrigo.Nella trama si trovano incastonati dei saggi preziosi su Cabala e Smorfia o sulle tradizioni Pasquali dagli aspetti religiosi a quelli gastronomici, passando per esilaranti considerazioni sociologiche.
Secondo estratto 51 il “Vesuvio“: tutta la storia avviene alla sua ombra e tutte le componenti risentono e si nutrono della potenza di Sterminator Vesevo, la lingua e le tradizioni affondano lì le potenti radici.Terzo estratto 70 “indovinare i numeri”: e su questo non facciamo anticipazioni (si può dire non spoileriamo?). Quarto estratto 19 la “risata”: perché in questo romanzo con tutto quello che succede di drammatico e con la tensione che ti prende, si ride e a tratti ci si scompiscia.
– Requiem sull’ottava nota” è ambientato alla fine degli anni ’90: “Ho scelto quel periodo per diversi motivi. Anzitutto mi permetteva di mostrare il lavoro degli investigatori dell’Arma quando era ancora basato, in maniera molto più ampia, sull’intuito personale, sul “fiuto”, sull’esperienza e la conoscenza diretta e profonda di territori, personaggi e realtà. Volevo che emergesse il Mariani uomo, oltre che il detective e l’ufficiale. In secondo luogo, nel Vesuviano e nel Napoletano, quello è stato un periodo-chiave, che ha fatto da cerniera fra gli anni della grande trasformazione del crimine organizzato e il terzo millennio, con tutti i cambiamenti che ha comportato. Gli anni di Mariani erano densi di avvenimenti, fenomeni in piena mutazione, evoluzioni sociali, politiche, di costume. Hanno visto profonde metamorfosi nei clan e nei business, anche se le radici della camorra e della mafia vesuviana sono rimaste parzialmente legate a tradizioni e controcultura d’origine.Per oltre quarant’anni ho fotografato la realtà più cruda delle guerre di camorra e di mafia, le lotte per il lavoro delle zone del Sud depredate di ogni cosa, perfino della speranza. Ho documentato gli scempi ambientali e gli intrecci fra politica e criminalità, oltre a mille altre cose. Non sarei stato capace di appiattire lo spirito di ogni personaggio riducendo il tutto a un unico linguaggio mono-tono e monotono. Anche perché i miei non sono personaggi, ma persone. Anche quelli che erroneamente vengono considerati “di sfondo”. Perfino il ragazzo del bar, che compare solo per portare un caffè al Capitano Mariani e alla Pm Di Fiore, è persona viva, unica, e porta la sua goccia di luce nella storia. E se molti dei miei protagonisti, coprotagonisti o antagonisti parlano il vesuviano, il napoletano, il romanesco, il toscano o il siciliano, è naturale sia così. Per me non esiste altro modo, perché così è la realtà.”
ROSALBA CANFORA