Il reato di stupro ha avuto nel corso della storia parecchi cambiamenti. Sia per quanto attiene il piano culturale che per quello normativo.
Le più grosse battaglie per cambiare l’immaginario collettivo, sono state compiute dal movimento femminista a partire dalla fine del diciannovesimo secolo. Grazie alle loro riflessioni, ai loro paradigmi e alle proteste di piazza anche la giurisprudenza è cambiata. Oggi il reato di violenza sessuale è considerato un reato contro la persona (15 febbraio 1996).
In precedenza il reato era inquadrato come:
– Delitto contro la libertà sessuale, nel sottogruppo dei Delitti contro la moralità ed il buon costume.
La storia dello stupro è antica come il mondo, viene menzionato per la prima volta nel codice di Hammurabi (1793-1750 a.C.). Nel rigo 129 compare questa scritta:
“Se la vittima dell’aggressione è una donna sposata, vittima e aggressore devono essere puniti allo stesso modo come adulteri con l’annegamento.”
Anche la Bibbia si è occupata di stupro, addirittura descrivendo il primo matrimonio riparatore. Nel Deuteronomio 22:23-29
[29] L’uomo che ha peccato con lei darà al padre della fanciulla cinquanta sicli d’argento, essa sarà sua moglie, per il fato che egli l’ha disonorata, e non potrà ripudiarla per tutto il resto della sua vita.
Il costrutto culturale del matrimonio riparatore fa molta presa nella società, addirittura sarà mantenuto e ripreso nella legislazione occidentale e in Italia sarà presente fino al 1981. Stessa legittimazione troverà nella giurisprudenza il delitto d’onore, ammesso fino al 1975.
Anche questo tipo di reato aveva già fatto la sua comparsa attraverso la letteratura classica. Sarà descritto per la prima volta da Lisia, nella sua orazione per l’uccisione di Eratostene.
La moglie di Eufileto viene considerata indegna ed ingannatrice perché tradisce con Eratostene suo amico; il tradito è scagionato dal delitto di omicidio. Questi versi prefigurano di fatto il delitto d’onore. Tutti i mitogeni che si susseguiranno, dai greci prima e dai romani poi, si occuperanno della questione della violenza introducendo il tema del “ratto” rapimenti a fini sessuali- emblematico è il ratto delle Sabine. Anche Tito Livio, nella sua opera Ab urbe condita (libro 1 capoverso 58), racconta la storia di Lucrezia, come esempio di virtù. La protagonista della storia, fu stuprata e, non volendo vivere nel disonore si uccide chiedendo, però al padre e al marito di vendicarla.
Va detto che oltre alla letteratura, anche la religione ed i monoteismi in generale hanno contribuito alla legittimazione della violenza creando una certa sottocultura dell’inferiorità della donna, tanto da rendere normale e concesso lo stupro che stiamo indagando. Nella visione cattolica, ma anche per gli antichi greci, la donna era considerata in second’ordine, tanto che non aveva nemmeno il diritto di votare, e in S. Paolo, doveva sottostare ai voleri del marito. Anche S. Cirillo si pose al limite della misoginia con l’omicidio di Ipazia, donna che aveva commesso il reato di sentirsi superiore all’uomo permettendosi di insegnare.
Nella storia italiana giocherà un ruolo importante la canonizzazione nel 1950 di Santa Maria Goretti. La bambina dodicenne fu pugnalata a morte nel tentativo di difesa da uno stupro, ma perdonò il suo aggressore prima di morire.
Questo paradigma della donna, che per mantenere la sua purezza è pronta a morire, fu molto esaltato dalla Chiesa. La vicenda creò un cambio culturale importante: i martiri non erano più solo uomini, ma anche quelle donne che pur di mantenersi pure, morivano per mano del loro stupratore. Dopo Maria Goretti seguirono numerose canonizzazioni che riguardarono il 1970-1980, che videro molte donne morire nel tentativo di restare illibate.
Chiaramente questi fatti segnano le credenze culturali di un popolo tanto che il legislatore si attenne a questa configurazione di pensiero nel normare il reato.
Il codice Rocco, elaborato e promulgato in pieno regime fascista, si fece depositario di questa forma pensiero nel normare e classificare i reati di violenza sessuale. L’abuso sessuale sarà classificato come delitto contro la moralità pubblica e il buon costume dividendo in due fatti specie di reato:
delitto contro la moralità sessuale;
offesa al pudore e all’onore sessuale.
Pertanto, in questo modo, si derubricava il reato a un “non si fa” perché l’atto era in contrasto con la morale pubblica. Si evince come la donna, anche in questo caso, non fosse mai vista come una persona, ma come un oggetto.
Nell’art. 544 del codice penale, era ammesso il matrimonio riparatore: in pratica, chiunque compisse una violenza carnale pure su una minore, vedeva estinto il reato sposando la vittima. Ci vorrà Franca Viola nel 1956 attraverso il rifiuto con tutte le sue forze a quello che di fatto era una punizione per la vittima, per indurre la rivisitazione delle norme sul delitto d’onore e il matrimonio riparatore fino ad arrivare alla loro estinzione.
Non è stato per niente facile modificare tutto l’apparato giuridico del codice Rocco se consideriamo che parte dello stesso è ancora vigente. La parte che il Legislatore ha trovato più controversa da modificare è stata quella che riguardava i diritti individuali. Tra tutti i sistemi quello che più trovava e trova ostruzionismo è la parte dove si palesava l’esistenza del patriarcato. Questo sistema prevede che la donna sia sposa retta e madre incorruttibile dovendo sottostare alla sua natura biologica perché così vuole l’evoluzione della specie. Quello che viene maggiormente esaltato e la funzione riproduttiva che, incarna un valore fondante per il bene della patria.
Dobbiamo tenere a mente che questo è il periodo storico, lungo un ventennio, in cui l’uomo è il capo famiglia definito dalla cultura romana del Pater Familias. Per modificare questo assetto societario ci sono voluti fatti di cronaca che hanno scosso l’opinione pubblica. Tra le donne che hanno lottato contro questo sistema in Italia: Franca Viola, Donatella Colasanti, Rosaria Lopez, l’avvocata Tina Lagostena Bassi, la regista Loredana Dori, Franca Rame per citarne alcune. Queste furono pioniere di un cambiamento che ad oggi non si è fermato.
Tornerò, poi in seguito su queste donne e, sui fatti di costume che, incisero in questa rivoluzione copernicana tutt’ora in atto, che in questo momento storico subisce duri colpi. È stato utile dare la cornice storica culturale, in cui inquadrare la mentalità che contribuì, e ancora resiste in molti casi e in molte religioni nel costrutto della cultura dello stupro.
I dati Istat diffusi il 25 novembre 2019,( gli ultimi aggiornati in materia)in occasione della giornata nazionale contro la violenza di genere offrono un quadro molto preoccupante. Per 1 italiano su 4 la violenza sessuale è imputabile al modo di vestire di una donna mentre il 40% degli intervistati ritiene che sia possibile sottrarsi ad uno stupro. Ancora, il 15% pensa che una donna che subisce violenza in uno stato alterato di coscienza (sotto effetto di droghe o alcol), sia in parte responsabile mentre, il 7,2% “NO” vuol dire sì. Continuando, il 6,2% ritiene che le donne serie non vengano violentate. Per il 7,4% è accettabile se un ragazzo schiaffeggia la fidanzata per aver flirtato. Questi i dati Istat diffusi il 25 novembre 2019, in occasione della giornata nazionale contro la violenza di genere.
Inoltre, 7 Milioni di donne italiane, dai 16 ai 70 anni, hanno subito almeno una forma di violenza: il 20,2% violenza fisica e il 21% violenza sessuale con conseguenze gravi nel 5,4% dei casi.
Questo intende evidenziare partendo proprio dall’analisi di questi dati, quanto sia radicata e diffusa la “cultura dello stupro”.
La politica, i discorsi pubblici e la narrazione dei mas media, normalizzano, giustificano ed incoraggiano lo stupro o altre forme di violenza sessuale. Le barzellette sessiste, l’animalizzazione delle donne (cagna, vacca…) l’oggettivazione sessuale (culona inchiavabile), da sempre hanno legittimano, anche attraverso la letteratura, l’uso della forza.
Si presume che la donna per difendere il proprio onore debba rifiutare con forza qualsiasi approccio sessuale.
Ciò che voglio evidenziare, è come la cultura patriarcale sia preponderante e dominante nella società.
Per addentrarmi in questa dinamica farò riferimento alla letteratura che il femminismo ha prodotto nel tempo. A cominciare dalla costituzione sociale delle identità di genere che si costituisce attraverso le violenze dicotomiche della sessualità. “La legittimazione della violenza, attiene al sistema di dominazione e sottomissione del femminile in una società connotata da una cultura fortemente patriarcale e legittimante la violenza” (Volpato, 2013).
Il caleidoscopio del femminismo ci permetterà di vedere quanta lotta è stata compiuta per acquisire quei diritti sociali che sembravano conquistati ma che oggi nuovamente sono messi in discussione. Infatti, il ddl Pillon o le parole della Roccella, ma scherzi la diffusione del video dello stupro da parte del presidente Meloni. Gli attacchi alla legge 194 e la mediazione obbligatoria rappresentano alcuni tentativi di far rientrare e tenere in vita il modello maschile dominante.
Del resto come diceva la Simone de Beauvoir, nel suo libro “Il secondo sesso” “Non dimenticate mai che basterà una crisi politica, economica o religiosa affinché i diritti delle donne siano messi in discussione”