RECENSIONE- Lo scenario delle antiche ville romane di Castellammare di Stabia è quello più indicato per il racconto della storia di Libero D’Orsi, il preside stabiese che volle scavarle anche senza il consenso immediato della Soprintendenza. Così, in occasione di uno spettacolo proposto sotto l’egida delle offerte ‘turistiche’ di Scabec, la storia dell’archeologia stabiese diventa vivida memoria. Concepito e realizzato proprio per lo scenario delle antiche ville romane da Fabio Cocifoglia, che lo ha ideato, scritto e ne ha firmato la regia Stabiae Liberata – dalle memorie di Liberato D’Orsi l’incredibile storia della riscoperta di Stabia Antica è uno spettacolo in forma di ‘dittico’ con due momenti e due situazioni diverse: nella romana villa San Marco, la storia del ‘sopra’ e in villa Arianna, la storia del ‘sotto’.
Una bidimensionalità, bispazialità concepita dallo stesso D’Orsi che, oltre ad essere un preside e un appassionato di archeologia ha scritto diversi libri per raccontare questa storia, la sua vita. Parole da cui emerge fortemente la sua personalità. Una visione del mondo in cui c’è un sopra e un sotto, una realtà, superiore a volte poco rispettosa e un mondo, sotto, tutto da scoprire in cui l’umanità e la forza umana sembra avere più valore. Un dittico, se si può dire così, realizzato in due momenti e in due spazi diversi per raccontare due dimensioni diverse dello stesso uomo. Un singolare approccio ideato da Fabio Cocifoglia ispirato dalle parole di Libero D’Orsi: “Sentite, alla superficie della terra siamo quello che siamo, o meglio, quello che gli altri ci han ridotti a essere. Sotto terra siamo uomini, e che uomini! Volete essere grandi uomini? Allora venite a scavare. Hanno detto di sì, e siamo andati”.
RECENSIONE DI FORMA DI DITTICO, PARTE PRIMA
Libero, all’anagrafe Liberato, ha l’obiettivo di restituire una Stabiae liberata. Un gioco di parole, un’allusione alla difficoltà di agire per riscoprire la bellezza nascosta nelle viscere della terra. Un viaggio che sa di rivalsa, di restituzione di una dignità rispetto all’azione di un uomo che ha fatto la storia archeologica di Castellammare, con ville dalla bellezza straordinaria ma che da sempre e tutt’ora sono schiacciata dalla presenza di Pompei ed Ercolano. Una storia umana fatta di passione, determinazione, curiosità.
IL MONDO DI SOPRA, VILLA SAN MARCO
Ma partiamo dall’inizio.
Ad accogliere il pubblico in villa San Marco, c’è Ciccio (interpretato da un effervescente Giampiero Schiano), il bidello, che tratta gli ‘spettatori’ come i futuri collaboratori di questo progetto di scavo. Ciccio è da subito simpatico, un po’ ironico e concreto. Li porta al ‘banco’ dove iniziare ad ascoltare il Preside per poi passare all’azione pratica di picconi e vanghe per scavare. Lo scenario è di una scuola ma con una lavagna spezzata, un tavolino e due sedie. Dietro, attorno, dentro la bellezza degli scavi di Stabiae. Ciccio chiama il preside D’Orsi (interpretato dallo stesso Fabio Cocifoglia) per la ‘picciola orazione’, che è solita fare, ma già sa che sarà un lungo viaggio. Tutto il racconto vive nel diverte dialogo tra i due che rendono fluido il percorso. Da una parte Libero D’Orsi e la sua conoscenza, il suo amore per l’antico, la sua visione solenne delle bellezza, e dall’altra Ciccio, uomo che cerca la tranquillità, che deve rendere sempre un po’ comico lo sguardo della vita, che sdrammatizza con la sua semplicità popolare. Un uomo coraggioso e il suo fido scudiero, come si raccontano, si compensano alternando i due mondi che si intersecano nella passione per l’antico, nella poesia che va dal concreto al filosofico, dal mondo dell’azione al mondo della ‘riflessione’.
Ciccio è la spalla di Libero, ma senza Ciccio Libero sembrerebbe solo pedante, energico, a tratti immodesto mentre con lui diventa un volto colto della stessa realtà. Una realtà che vive della bellezza di Castellammare, perchè come dice Ciccio “dove la trovate una città più bella di questa”.
LIBERO D’ORSI
Questo primo momento del viaggio in e con Libero D’Orsi, a villa San Marco, è il racconto dei passaggi della vita di un uomo, del suo incontro con la magia di Pompei il Vesuvio e Plinio il Vecchio, avvenuta da bambino attraverso le immagini di un libro, del suo percorso di vita che lo porta lontano e poi lo riporta a Castellammare, della sua convinzione di voler tirare fuori dalle viscere della terra Stabia, lì dove morì Plinio. Del tentativo di arrivare all’obiettivo scrivendo al Duce, o riuscendo ad arrivare al cuore di Maiuri. Ma ogni elemento è arricchito dal costante, divertente, incalzante commento di Ciccio. E così accanto all’informazione della storia umana che c’è dietro questa scoperta, si trova la storia divertita di un dialogo umano. Libero più che dalla Soprintendenza viene aiutato da una squadra improvvisata ma che il Preside è capace di seguire, indirizzare, in nome di Stabiae. E più che dalla forza del ruolo, viene aiutato dall’amore sostenuto dell’amicizia.
Sono diversi i momenti comici e profondi che si alternano. Come la storia della civetta. Che per Ciccio porta sfortuna mentre per Libero è il segno della presenza di Pallade, Minerva. Qui si confrontano i due mondi, della poesia e del ‘reale’. La civetta sostegno di Minerva, contro la superstizione di un animale negativo. Il suono della civetta entra prepotente nel racconto, con la sua fonetica kikkabau di Libero e la più realistica di Ciccio, rendendo comico uno dei momenti che Libero D’Orsi racconta con più enfasi: la scoperta della civetta morta. Paventando, come racconta lo stesso D’Orsi, che la civetta si fosse suicidata non potendo più rendere omaggio a Minerva in un mondo ormai cristiano.
O come il racconto del tema a scuola su Plinio il Vecchio… che diventa una divertente catastrofe per Ciccio. Insomma un esilarante gioco tra la conoscenza di D’Orsi e la più semplice visione di don Ciccio che forse raggiunge il suo esempio più chiaro nel contrasto tra la passione archeologica di Libero D’Orsi e la fissazione per i santini, compreso S. Catello (santo protettore di Castellammare, che sostiene abbia protetto dal Vesuvio nell’eruzione del 1906) di Ciccio.
LA STORIA DEL SOTTO…
L’universalità della storia si collega a filo doppio con l’unicità dello scenario. La storia del sopra attende di essere completata dalla storia del sotto… in scena in villa Arianna, proprio nel triclinio con il famosissimo affresco che aspetta solo di essere visto. In scena il 10 e 11 settembre … ( i biglietti si comprano su ticketone.it )